Hermann Hesse, Il lupo della steppa (ed. orig. 1927)

“Invece di annullare la sua personalità, avevano potuto solo insegnargli a odiare se stesso. Contro di sé, contro questo soggetto nobile e innocente, egli volse per tutta la vita la genialità della fantasia, la potenza del pensiero. Era infatti pur sempre profondamente cristiano e martire, poiché lanciava anzitutto contro se stesso tutto l’acume, la critica, la malignità e l’odio di cui era capace. In quanto al prossimo egli faceva di continuo i più seri ed eroici tentativi di amarlo, di essere giusto, di non fargli del male perché il precetto “ama il tuo prossimo” era radicato nel suo cuore quanto l’odio della propria persona; sicché per tutta la vita dimostrò con l’esempio che senza amare se stessi non è possibile neanche amare il prossimo, che l’odio di sé è identico al gretto egoismo e produce infine il medesimo orribile isolamento, la medesima disperazione”.

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Un libro piuttosto particolare, sia in generale sia rispetto alla produzione di Hesse, per lo più realistico, a tratti onirico. Mi colpisce la nota dell’autore, alla fine, dove dice che è stato mal interpretato, che sarebbe in realtà un libro di guarigione. Anche a me il protagonista ha dato l’impressione di essere un cinquantenne che ha perso la speranza, che vive il resto della sua vita in solitudine, con colta negligenza, mal sopportando il mondo borghese nel quale suo malgrado vive, con una vena di romanticismo decadente, e che incontra in alcune donne una sorta di piacevole e insperata euforia, momenti che però a mio parere non fanno che confermare lo stato disperato nel quale si trova.

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John Williams, Stoner

All’uscita nel 1965 vende 2000 copie. Ripubblicato negli Usa nel 2003 diventa un caso letterario. Pubblicato da Fazi in Italia nel 2012, poi da Mondadori. Che dire? La storia è poca cosa, è quella di un professore universitario americano, di origini contadine, si potrebbe forse dire di un disadattato, di uno che attraversa la vita un po’ suo malgrado, di uno che la vita sembra cadergli un po’ addosso, il rapporto quasi pro forma con i genitori, la proposta d’insegnamento, un matrimonio senza amore e con tracce d’odio da parte della moglie, il rapporto distante con la figlia, l’amante a cui è costretto a rinunciare, il lavoro forse come unica ragione di vita, fatto quello sì si direbbe con passione, dagli esiti altalenanti. Letteratura alla massima potenza, secondo il mio punto di vista, letteratura capace di raccontare la vera “normalità”, fatta anche di sconfitte e rinunce e umiliazioni, di delicatezza, umanità e dignità, una letteratura molto lontana dall’imperante narrativa “fiore cuore ammore”.

Alessandro Baricco, The Game, 2018

Alessandro Baricco, The GameQuesto libro ha l’innegabile merito di studiare il cambiamento che stiamo vivendo, il passaggio da analogico a digitale. Dice Baricco che quest’era, con caratteristiche abbastanza precise e individuabili, sarà ricordata dai posteri con l’importanza che diamo ad epoche passate quali Illuminismo, Romanticismo, ecc. La mappa che disegna, tuttavia, così come le categorie scelte per descriverla, non mi convincono fino in fondo.

Si potrebbe già osservare che l’innovazione digitale è un’innovazione tecnologica. Si potrebbe “semplicemente” sostenere che come l’invenzione della macchina a vapore è stata una delle cause dello scoppio della prima rivoluzione industriale, così l’invenzione ed introduzione del digitale ha causato la terza rivoluzione industriale (o forse sarebbe meglio dire rivoluzione dei servizi, o semplicemente rivoluzione economica), con tutte le conseguenze psico-sociali attinenti ad una rivoluzione.

La mappa disegnata da Baricco, comunque, una rappresentazione della realtà la restituisce, mettendone in luce alcune caratteristiche.

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Randy Ingermanson, How to write a Novel using the Snowflake Method, Ingermanson Communications, Inc., 2014

Sono istintivamente contrario a scuole di scrittura o manuali di scrittura. Sono cioè dalla parte di tutti quei (penso numerosi) scrittori che sostengono che a scrivere non si può insegnare. Sarebbe, in sostanza, una di quelle cose che hai o non hai. D’altra parte una volta ho sentito un’intervista ad un insegnante di scrittura creativa che diceva che i suoi corsi servivano ad essere pronti quando l’ispirazione fosse venuta, a mettere insomma insieme una sorta di valigetta degli strumenti, e l’ho trovata un’affermazione sensata. Io ho un background semiotico, considero Umberto Eco un maestro, dunque non sono a digiuno di materie quali ad esempio la narratologia. Per chi non avesse mai sentito parlare di questi temi, forse, un corso di scrittura creativa potrebbe aiutare. D’altra parte è anche vero che molti scrittori di successo, forse la maggioranza, hanno imparato leggendo e scrivendo. Altri vengono invece da scuole di scrittura. Pare che in questa, come in molte altre questioni, non vi sia una ricetta fissa.

Ho deciso di ‘schedare’ brevemente questo testo perché mi ha aiutato a finire un libro (iCal) in cui per vari motivi ero invischiato da anni, non riuscivo a ‘risolverlo’.

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Alexander Lowen, Il linguaggio del corpo (ed. orig. 1958)

Alezander Lowen, Il lingiaggio del corpoRaccolgo qui di seguito una serie di appunti poco organizzati e un po’ in ordine sparso su questo libro. Metterli a posto prenderebbe troppo tempo.

Lo ritengo interessante principalmente per due motivi. Il primo è l’idea che sta alla base della stessa teoria terapeutica proposta da Lowen, che associa corpo e psiche, rigidità del corpo, flussi energetici bloccati, e problematiche relative alla psiche. Il secondo è dato dalla caratteriologia, dai tipi caratteriali proposti.

Premettendo che io stesso sono pieno di rigidità, vorrei redarguire il lettore poco pratico di questo tipo di testi. Potrebbe capitare, come del resto succede anche a me, di riconoscersi in tutti o molti dei caratteri problematici descritti. Credo sia una reazione normale, che non deve allarmare, e può inoltre aiutare a guardare l’altro con maggiore empatia ed apertura mentale. Tutti abbiamo un carattere di qualche tipo.

Il carattere dell’individuo, quale si manifesta nel suo modello tipico di comportamento, si configura anche a livello somatico con la forma e il movimento del corpo. La somma totale delle tensioni muscolari viste come gestaltiche, cioè come una unità, il modo di muoversi e di agire, costituiscono la “espressione corporea” dell’organismo. L’espressione del corpo è il complesso somatico dell’espressione emozionale tipica che a livello psichico si definisce come “carattere”. In qualche modo la postura del corpo, essendo naturale, fa parte dell’Es.

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