Randy Ingermanson, How to write a Novel using the Snowflake Method, Ingermanson Communications, Inc., 2014

Sono istintivamente contrario a scuole di scrittura o manuali di scrittura. Sono cioè dalla parte di tutti quei (penso numerosi) scrittori che sostengono che a scrivere non si può insegnare. Sarebbe, in sostanza, una di quelle cose che hai o non hai. D’altra parte una volta ho sentito un’intervista ad un insegnante di scrittura creativa che diceva che i suoi corsi servivano ad essere pronti quando l’ispirazione fosse venuta, a mettere insomma insieme una sorta di valigetta degli strumenti, e l’ho trovata un’affermazione sensata. Io ho un background semiotico, considero Umberto Eco un maestro, dunque non sono a digiuno di materie quali ad esempio la narratologia. Per chi non avesse mai sentito parlare di questi temi, forse, un corso di scrittura creativa potrebbe aiutare. D’altra parte è anche vero che molti scrittori di successo, forse la maggioranza, hanno imparato leggendo e scrivendo. Altri vengono invece da scuole di scrittura. Pare che in questa, come in molte altre questioni, non vi sia una ricetta fissa.

Ho deciso di ‘schedare’ brevemente questo testo perché mi ha aiutato a finire un libro (iCal) in cui per vari motivi ero invischiato da anni, non riuscivo a ‘risolverlo’.

A mio parere il Metodo Snowflake (fiocco di neve, purtroppo non penso che il libro sia stato tradotto in italiano) ha il pregio di consentire un approccio eclettico, personalizzabile, alla stesura di un libro, dando però al processo una sorta di spina dorsale che permette di aver chiari in mente partenza ed arrivo. È un metodo che costituisce una via di mezzo tra una scrittura istintiva, senza niente o con poco di già deciso, ed invece una scrittura in cui tutto sia già stato stabilito per filo e per segno.

L’autore individua 10 passaggi per scrivere un romanzo, più due precondizioni.

Le precondizioni sono presto dette: conoscere il genere del romanzo che si vuole scrivere (un romanzo giallo o rosa, ad esempio) e l’audience alla quale ci si rivolge, il target a cui si punta. Sebbene quest’ultima precondizioni possa sembrare un tantino markettara (e lo è) è senz’altro vero che avere più o meno in mente quale sia il lettore, la lettrice o l’insieme di lettori ‘ideali’ del proprio testo aiuta ad immaginare cosa e come scrivere.

“L’obiettivo principale della narrativa è dare al lettore una potente esperienza emozionale”.

I dieci passaggi proposti da Ingermanson sono i seguenti.

Primo passaggio: scrivere una sola frase, in un’ora, possibilmente con meno di 25 parole per riassumere il romanzo. Dovrebbe comprendere il genere, i personaggi principali, cosa vogliono disperatamente (goal). Si descriva il target dei lettori che si vuole raggiungere. Non si raccontino retroscena o antefatti, non si sveli il finale.

Secondo passaggio: scrivere in un’ora un paragrafo costituito da cinque frasi espandendo quella del primo passaggio, così organizzate.

1) Racconta l’ambientazione e la situazione, introduci uno o due personaggi principali.

2) Riassumi il Primo Atto, il primo quarto del libro, che finisce con il primo disastro. Il disastro forza il personaggio principale a prendersi carico della storia.

3) Riassumi la prima metà del Secondo Atto, il secondo quarto del libro, che finisce con il secondo disastro. Il disastro fa in modo che il personaggio principale cambi il suo modo di pensare da una falsa Premessa Morale ad una vera. Come risultato, il personaggio assume un nuovo modo di pensare ed agire per la seconda metà della storia.

4) Riassumi la seconda metà del Secondo Atto, il terzo quarto del libro, che termina con il terzo disastro. Il disastro fa in modo che il personaggio principale ed il cattivo non possano più sottrarsi al compimemento della storia.

5) Riassumi il Terzo Atto, dove c’è l’atto finale in cui il personaggio vince o perde. Poi risolvi la storia felicemente, tristemente o in modo dolceamaro.

Ci si focalizzi sui disastri e sulle decisioni che ne conseguono.

Perché una storia richiede disastri? Perchè essi portano eccitazione, richiedono decisioni e consentono nuove direzioni.

Terzo passaggio. Scrivi una scheda per ogni personaggio, al massimo in un’ora per ciascuno, che comprenda ruolo, nome, ambizione, valori (sentenze che comincino con “niente è più importante di…”), obiettivi, conflitto (ciò che fa in modo che il personaggio continui a perseguire il suo obiettivo), epifania (quello che avrà imparato alla fine della storia), una frase che riassuma la storia del personaggio, un riassunto di un paragrafo con la struttura in tre atti della storia personale del personaggio.

Proprietà che dovrebbero avere gli obiettivi: semplici, concreti, importanti, raggiungibili, difficili.

I valori portano a delle ambizioni che portano a degli obiettivi.

Quarto passaggio. Scrivi in un’ora una sinossi del romanzo lunga una pagina, espandendo il riassunto in un paragrafo. Fallo estendendo ogni frase di quel paragrafo in un paragrafo. Non la mostrerai a nessuno, ma ti aiuterà a mettere insieme i dettagli.

Quinto passaggio. Scrivi una sinossi per ogni personaggio, un’ora ciascuno.

Sesto passaggio. Scrivi una lunga sinossi del romanzo di quattro pagine in due ore.

Settimo passaggio. Scrivi una bibbia per ogni personaggio, concedendoti diverse ore per ognuno.

Ottavo passaggio. Scrivi una lista di tutte le scene in alcuni giorni. Ogni scena accade in un particolare spazio tempo e coinvolge certi personaggi. In ogni scena ci deve essere conflitto. Esplicita qual è il punto di vista da cui è raccontata la scena, e cosa succede.

Nono passaggio. Scrivi un piano per ogni scena. È una scena Proattiva o Reattiva? Una scena Proattiva è strutturata in Obiettivo – Conflitto – Arretramento e nuovo proposito. Una scena Reattiva invece in Reazione – Dilemma – Decisione. È bene stabilire quale sia il conflitto della scena, quali sono i personaggi coinvolti, l’ambientazione, pezzi di dialogo.

Decimo passaggio. Scrivi il romanzo. Adesso hai una struttura. Hai un buon amo. Ha una struttura a tre atti. Ha personaggi profondi e ben motivati. Ha tutte le scene con i loro conflitti.

L’autore conclude dicendo che se funziona bene, altrimenti amen. Se funziona solo una parte si prenda solo quella. Questo metodo è utile tra l’altro perché consente anche di ritornare velocemente sui propri passi, correggere e sviluppare di conseguenza.

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