Hermann Hesse, Demian, 1919

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Un piccolo omaggio a Demian di Hesse, un autore che non penso abbia bisogno di presentazioni. Lessi questo romanzo breve a 19 anni, fu uno di quelli che mi fece innamorare della letteratura. Vi trovai, credo, un sentimento di devianza rispetto al mondo, di alterità e di difficoltà ad approcciare quella che veniva considerata la “normalità”. Insieme a questo, però, anche una sensazione di grande potenzialità. A volte i romanzi possono essere specchi, a volte lastre di marmo, a volte laghi, a volte cieli.

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HERMANN HESSE, SCRITTO SULLA SABBIA

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Che il bello e l’incantevole
Siano solo un soffio e un brivido,
che il magnifico entusiasmante
amabile non duri:
nube, fiore, bolla di sapone,
fuoco d’artificio e riso di bambino,
sguardo di donna nel vetro di uno specchio,
e tante altre fantastiche cose,
che esse appena scoperte svaniscano,
solo il tempo di un momento
solo un aroma, un respiro di vento,
ahimè lo sappiamo con tristezza.
E ciò che dura e resta fisso
non ci è così intimamente caro:
pietra preziosa con gelido fuoco,
barra d’oro di pesante splendore;
le stelle stesse, innumerabili,
se ne stanno lontane e straniere, non somigliano a noi
– effimeri-, non raggiungono il fondo dell’anima.
No, il bello più profondo e degno dell’amore
pare incline a corrompersi,
è sempre vicino a morire,
e la cosa più bella, le note musicali,
che nel nascere già fuggono e trascorrono,
sono solo soffi, correnti, fughe
circondate d’aliti sommessi di tristezza
perché nemmeno quanto dura un battito del cuore
si lasciano costringere, tenere;
nota dopo nota, appena battuta
già svanisce e se ne va.

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Così il nostro cuore è consacrato
con fraterna fedeltà
a tutto ciò che fugge
e scorre,
alla vita,
non a ciò che è saldo e capace di durare.
Presto ci stanca ciò che permane,
rocce di un mondo di stelle e gioielli,
noi anime-bolle-di-vento-e-sapone
sospinte in eterno mutare.
Spose di un tempo, senza durata,
per cui la rugiada su un petalo di rosa,
per cui un battito d’ali d’uccello
il morire di un gioco di nuvole,
scintillio di neve, arcobaleno,
farfalla, già volati via,
per cui lo squillare di una risata,
che nel passare ci sfiora appena,
può voler dire festa o portare dolore.
Amiamo ciò che ci somiglia,
e comprendiamo
ciò che il vento ha scritto
sulla sabbia.

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La felicità. Versi e pensieri (ed. orig. 1952)

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Hermann Hesse, Il lupo della steppa (ed. orig. 1927)

“Invece di annullare la sua personalità, avevano potuto solo insegnargli a odiare se stesso. Contro di sé, contro questo soggetto nobile e innocente, egli volse per tutta la vita la genialità della fantasia, la potenza del pensiero. Era infatti pur sempre profondamente cristiano e martire, poiché lanciava anzitutto contro se stesso tutto l’acume, la critica, la malignità e l’odio di cui era capace. In quanto al prossimo egli faceva di continuo i più seri ed eroici tentativi di amarlo, di essere giusto, di non fargli del male perché il precetto “ama il tuo prossimo” era radicato nel suo cuore quanto l’odio della propria persona; sicché per tutta la vita dimostrò con l’esempio che senza amare se stessi non è possibile neanche amare il prossimo, che l’odio di sé è identico al gretto egoismo e produce infine il medesimo orribile isolamento, la medesima disperazione”.

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Un libro piuttosto particolare, sia in generale sia rispetto alla produzione di Hesse, per lo più realistico, a tratti onirico. Mi colpisce la nota dell’autore, alla fine, dove dice che è stato mal interpretato, che sarebbe in realtà un libro di guarigione. Anche a me il protagonista ha dato l’impressione di essere un cinquantenne che ha perso la speranza, che vive il resto della sua vita in solitudine, con colta negligenza, mal sopportando il mondo borghese nel quale suo malgrado vive, con una vena di romanticismo decadente, e che incontra in alcune donne una sorta di piacevole e insperata euforia, momenti che però a mio parere non fanno che confermare lo stato disperato nel quale si trova.

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