Acropoli e Agorà di Atene

Sono arrivato ad Atene di sera, non c’ero mai stato prima. Dopo aver lasciato lo zaino in albergo (la metro collega comodamente l’aeroporto al centro città) ed aver sbocconcellato un abbondante gyros per pochi soldi, ho deciso di fare una passeggiata fino ad un quartiere turistico in centro, di cui le guide parlavano bene, Monastiraki.

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L’Acropoli vista da piazza Monastiraki

Dalla piazza, chiamata come lo stesso quartiere, si vedeva l’Acropoli. Era piacevolmente piena di ragazzi e probabilmente turisti, nonostante fosse un lunedì sera. E’ stato amore a prima vista. Di Atene questa è stata la prima cosa che mi ha colpito. Il luogo in qualche modo “sacro”, il luogo quasi simbolico che per me rappresenta non tanto gli dei dell’Olimpo, quanto quelli della filosofia, i luoghi nei quali potevo immaginare a passeggio Socrate e Platone in discussione, dominava la città, da qualsiasi parte di essa ci si potesse trovare. L’Acropoli è, per Atene, un faro. Una luce meravigliosa. Da lì nasce non solo la cultura e la filosofia greca, ma anche quella latina. Tornando indietro di millenni, di quello che Platone lasciò scritto riguardo alle sue idee e a quelle di Socrate, mi sento spesso, per qualche ragione, molto più a casa che in territori a me più vicini.

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Gallerie dell’Accademia, Venezia

Una breve presentazione del museo (scopiazzata da Wikipedia) con alcune opere che mi hanno colpito e perché (impressioni di uno che guarda le opere senza grossa cognizione di causa).

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Johann Liss, Apollo e Marsia, 1625-1630

Non conoscevo questo pittore, mi ha colpito. Trovo che i colori e il disegno, la maniera in cui il tema è stato raffigurato siano molto moderni, espressionisti.

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René Girard, Il capro espiatorio (ed. orig. Le bouc émissaire, 1982).

In questo testo il noto intellettuale francese (1923-2015) approfondisce un tema che ricorre in tutta la sua opera, quella del capro espiatorio. Arriverà a sostenere che questo “meccanismo”, operante fin dalle civiltà più antiche, sia alla base del religioso o del sacro, che addirittura lo fondi.

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I concetti attorno a cui si aggira sono quelli di “mimesi” e “desiderio”. L’essere umano è un essere desiderante, ma tra il soggetto e l’oggetto desiderato si inserisce un altro soggetto che fa da modello. Secondo Girard noi desideriamo per imitazione. Il soggetto che inizialmente fa da modello diventa poi il soggetto invidiato, creando odio. Questo odio, se non attenuato, si propagherebbe in maniera incontrollabile nelle società, producendo la loro autodistruzione. Il capro espiatorio sarebbe “il meccanismo” che consente di scaricare l’odio accumulato dalla società su un unico soggetto, che viene scelto a causa di caratteristiche particolari (ad esempio difetti fisici). Come rivelato dalla religione cristiana con Gesù, l’agnello di Dio, in seguito questo soggetto, proprio per aver contribuito ad alleviare i mali della società, viene reso sacro e venerato.

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.Girard comincia la sua analisi da un testo di Guillaume de Machaut, un poeta francese del XIV secolo, che parla degli ebrei (Jugement dou Roy de Navarre): “Dopo questo sopravvenne una merda / Falsa, traditrice e rinnegata: / Giudea la svergognata, / Malvagia e sleale / Che odia il bene e ama il male / Che offrì molto oro e argento / E promise a cristiane genti / Che pozzi, fiumi e fontane / Che erano chiare e sane / In molti luoghi avvelenarono / Per cui tanti le loro vite finirono; / Poiché tutti quelli che ne usavano / Subitamente morivano. / Per cui, certo, dieci volte centomila / Ne morirono, chi in campagna, chi in città, / Prima che fosse scoperto / Questo mortale misfatto. // Ma colui che in alto siede e lontano vede / Che tutto governa e tutto provvede, / Questo tradimento può celare / Non volle, quindi lo fece manifesto / E a tutti sapere / Così che essi persero corpi e averi. / Difatti tutti gli Ebrei furono distrutti, / Impiccati gli uni, cotti gli altri, / Chi affogato, chi decapitato / Con ascia o con spada. / E tanti cristiani insieme a costoro / Vergognosamente ne morirono”.

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