L’epoca delle passioni tristi, Miguel Benasayag, Gerard Schmit, 2004 (ed. orig. 2003)

Gli autori di questo libro sono due psichiatri che operano nel campo dell’infanzia e dell’adolescenza. Preoccupati dalla richiesta crescente di aiuto rivolta loro, hanno voluto interrogarsi sulla reale entità e sulle cause di un apparente massiccio diffondersi delle patologie psichiatriche tra i giovani. Un viaggio che li ha condotti alla scoperta di un malessere diffuso, di una tristezza che attraversa tutte le fasce sociali.

Ciò che a mio parere risulta interessante, in questo testo, è il considerare la tristezza, l’ansia o la depressione come un fenomeno sociale ormai diventato di massa, la cui ragione trascende, a questo punto, il piano individuale psicologico e risiede, invece, sul piano del collettivo sociale. A questo proposito i due autori svolgono nel corso del libro un’interessante analisi della società contemporanea postmoderna. In quanto terapeuti, si chiedono: il loro compito è adattarsi alla società creando esseri capaci di competere, o creare esseri capaci invece di convivere?

Vedremo alla fine la soluzione proposta, interessiamoci adesso all’analisi. La società contemporanea assiste alla fine (forse momentanea, forse no) della concezione teleologica della storia, cioè dell’idea che essa abbia una finalità. Constatiamo il progresso delle scienze e, contemporaneamente, dobbiamo fare i conti con la perdita di fiducia e con la delusione nei confronti di quelle stesse scienze. Libero è colui che domina, questo era il fondamento dello scientismo positivista. Possediamo delle tecniche, ma ne siamo, anche, posseduti. Ci limitiamo a premere dei pulsanti, ignorando il più delle volte quali meccanismi vengano innescati.

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Tel Aviv e Giaffa

Spiaggia a Tel Aviv

Non conosco Israele, non c’ero mai stato prima, non conosco abbastanza la sua storia. Brevi impressioni per fissare ricordi.
La temperatura mite all’aeroporto, leggermente afosa, arrivando dal novembre italiano.

Le strade di Tel Aviv, tirando il trolley, trafficate, affollate, mi colpiscono le molte biciclette e i monopattini, quasi tutti elettrici.
Riconosco qualche ebreo dal tradizionale vestito e cappello nero, le differenti fattezze arabe, molte altre persone non le avrei distinte per una qualche ragione in una qualsiasi altra città europea.

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Introduzione a Lacan

Jacques Lacan (1901 – 1981) è stato uno psichiatra, psicoanalista e filosofo francese. Fu una delle personalità di spicco della corrente filosofico-antropologica strutturalista e post-strutturalista, assieme a pensatori come Claude Lévi-Strauss, Michel Foucault, Louis Althusser, Roland Barthes ed altri. Le sue originali e controverse idee hanno influenzato la cultura del XX secolo e non solo. Sono state trasmesse soprattutto oralmente nei seminari (pubblicati postumi) che hanno visto una numerosa partecipazione per trent’anni. Non si può comunque dire che avesse il dono della chiarezza.

La sua elaborazione teorica è stata colta, vasta e complessa. Ci si soffermerà su alcune teorie, in particolare sullo stadio dello specchio e sulle riflessioni sul linguaggio. Il trauma stesso, per Lacan e a differenza di Freud, non sarebbe causato dal sesso, ma dal linguaggio. L’inconscio per lui è una una sorta di linguaggio senza codice, per questo è di difficile “traduzione”. La psicoanalisi viene intesa come una pratica di parola, che permette al soggetto di ricomporre un senso e ristabilire la continuità del discorso cosciente. Il desiderio che smuove l’analisi è un desiderio di riconoscimento e l’analista è il testimone della verità del soggetto. Comprendere e curare sono stati gli assi orientanti della sua ricerca.

La personalità per Lacan è l’insieme di tendenze e predisposizioni che l’individuo manifesta nel corso della propria esistenza. Tali predisposizioni sono rivelate dallo sviluppo biografico della personalità, dall’immagine che l’individuo si fa di sé e dal tipo di relazioni sociali che egli tende a stabilire.

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