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Visitare Meknes non faceva parte dei miei piani, ma a Fes mi poteva avanzare un giorno, era a breve distanza e facilmente raggiungibile in treno. Così ho avuto anche occasione di “provare” i treni marocchini, che non hanno nulla da invidiare ai nostri.
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Meknes è citata dalle guide in quanto una delle quattro Città imperiali. Sono molto contento di averla visitata perché ho avuto modo di vedere un’altra Medina (tra l’altro patrimonio UNESCO) e alcuni degli edifici e delle decorazioni più meravigliosi tra quelli visti in Marocco.
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Ho poi scoperto che è una città con più di 600.000 abitanti, mi era sembrata una cittadina molto più piccola, tipo Pordenone o, al limite, Udine.
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Fu capitale del Marocco sotto il regno di Moulay Ismail ibn Sharif (1672 – 1727), prima che venisse scelta Fès, che lo fu fino al 1912. Poi, sotto la dominazione francese, fu spostata a Rabat.
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Deve il suo nome ad una tribù berbera, chiamata Miknasa nelle fonti medioevali arabe. Questa tribù vi si stabilì nel X secolo. Nell’XI secolo gli Almoravidi costruirono una fortezza intorno alla città, che fu rinforzata dagli Almohadi. I Merinidi vi edificarono la madrasa Bou Inania.
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Il periodo d’oro della città fu quello in cui venne riconosciuta come capitale. Negli anni Trenta fu la sede di una guarnigione della Legione straniera francese.
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Tra le attrazioni turistiche ho avuto modo di visitare il Mausoleo del sultano Moulay Isma’il e una vera e propria perla, il Museo della Musica, situato nel più bel Riad che ho visto in Marocco.
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Anche il Mausoleo è un esempio notevole di architettura, con le tipiche piastrelle marocchine, che mi sono piaciute da impazzire. Contiene la tomba del sultano che regnò dal 1672 al 1727 e che scelse Meknes come capitale.
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Si distinse dai regnanti precedenti perché cercò di unificare il Marocco sotto il suo potere. Fu impegnato in continue campagne militari contro ribelli, rivali e gli europei che cercavano di posizionarsi lungo le coste.
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Pose fine all’influenza ottomana e cercò un rapporto diplomatico equo con gli europei (usando anche il ricatto per mezzo di prigionieri cristiani).
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Il complesso funerario è costituito da diversi cortili e stanze, riccamente decorate da piastrelle “zellige” e legni e stucchi scolpiti con arabeschi e motivi epigrafici.
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L’altro luogo d’interesse turistico che ho visitato è il museo Dar Jamai, che da quanto ho capito è stato recentemente trasformato da Museo dell’artigianato a Museo della Musica.
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Varrebbe la pena di essere visitato solo per la bellezza dell’edificio, un Riad davvero magnifico.
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Il palazzo risale alla fine del XIX secolo, fu costruito dalla famiglia Jama, precisamente da Mokhtar ben Arbi e suo fratello, che servirono come Gran Visir sotto il sultano el Moulay Hassan.
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In seguito la famiglia cadde in disgrazia e il palazzo fu dato alla famiglia Glaoui.
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Nel 1912, con l’avvento dei Francesi che trasformarono il Marocco in colonia, il Riad fu trasformato prima in ospedale e poi in corte militare, in seguito in un Museo di Arti Indigene e infine, appunto, in Museo della Musica, che raccoglie e racconta vari tipi di strumenti e musiche tradizionali presenti in Marocco.
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Anche questo Riad è costruito secondo l’architettura tradizionale marocchina, con le tipiche piastrelle, legni e stucchi
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