Le incisioni rupestri della Val Camonica (agosto ’22)

Roccia 35. Il personaggio in corsa

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Le incisioni rupestri della Val Camonica sono state il primo patrimonio dell’umanità riconosciuto dall’UNESCO in Italia (correva l’anno 1979). Costituiscono una delle più ampie collezioni di petroglifi preistorici del mondo, con circa 2000 rocce incise sparse in 24 comuni, il più imponente complesso di arte rupestre di tutto il continente europeo, il più ricco per quantità, il più vario per temi, il più ampio per cronologia.

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Roccia 1. Se il cibo è anche Dio: il cervo

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Le incisioni furono realizzate lungo un arco di tempo di ottomila anni che arriva all’Età del ferro (I millennio a.C.); quelle dell’ultimo periodo sono attribuite al popolo dei Camuni, ricordato dalle fonti latine.

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Roccia 35. Il villaggio camuno

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La Val Camonica fa parte delle Alpi Retiche e insiste all’interno del territorio della provincia di Brescia. Il nome deriva dai Camuni.

Per molto tempo la valle fu ricoperta da uno spesso strato di ghiaccio poi, circa 12.000 anni fa, i ghiacci si ritirarono lasciando le superfici dei fianchi della valle perfettamente levigate, immense lavagne di arenaria che vennero utilizzate dalla popolazioni preistoriche per lasciare i loro segni, raccontare la loro vita, rivolgersi agli dei che adoravano con immagini propiziatorie.

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Roccia 50. I cavalieri delle rocce

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Le incisioni dei Camuni testimoniano e raccontano dell’evolversi di un popolo dal Paleolitico superiore fino alla conquista romana, nel 16 a.C.

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Roccia 1. Il labirinto

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I Camuni si stanziarono stabilmente in Val Camonica nel 5000 a.C. quando, grazie ai cambiamenti climatici, l’ambiente offriva ampie praterie per gli animali e abbondanza di frutti spontanei. A partire da questo momento l’agricoltura e l’allevamento del bestiame divennero elementi essenziali dell’economia umana. Le incisioni di questo periodo rappresentano il culto, le cerimonie rituali, l’agricoltura, l’allevamento del bestiame, la fecondazione, la procreazione. La figura umana diventa il tema centrale, mentre in precedenza si riscontrano soprattutto rappresentazioni di grandi animali. Il periodo successivo è invece caratterizzato da elementi geometrici, spirali e cerchi concentrici con una progressiva perdita di importanza della figure antropomorfe. Tra i simboli più rappresentati si trova la cosiddetta “rosa camuna”, divenuta il simbolo-logo della regione Lombardia.

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Roccia 1. Se il cibo è anche Dio: il cervo

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Tra il secondo e il primo millennio a.C. la specializzazione in ambito agricolo e le conquiste tecnologiche suddividono la società in agricoltori, commercianti, artigiani, guerrieri e religiosi. Nelle incisioni rupestri diventano più frequenti i temi della divinità e dell’eroe, il culto dei morti, le danze, la guerra. Le figure da statiche diventano dinamiche, è il momento più maturo dell’arte camuna. Le ultime espressioni dell’arte rupestre dei Camuni sono databili al periodo romano e si arrestano definitivamente in epoca paleocristiana.

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Roccia 1. Se il cibo è anche Dio: il cervo

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La gente dei luoghi in dialetto chiama le incisioni pitoti, cioè pupazzi. Se si guardano le opere di Keith Haring, sembrano pitoti pop. La maggior parte delle incisioni è stata realizzata con la tecnica della martellina; in numero minore quelle ottenute attraverso il graffito.

Sono riconducibile a riti celebrativi, commemorativi, iniziatici o propiziatori (dapprima in ambito religioso, in seguito anche laico), che si tenevano in occasioni particolari, singole o ricorrenti.

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Roccia 1. Se il cibo è anche Dio: il cervo

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Sono 8 i parchi dedicati. I territori comunali di Capo di Ponte, Nadro, Cimbergo e Paspardo ne ospitano la concentrazione più ampia in assoluto. Capo di Ponte, sede del Parco Nazionale delle Incisioni Rupestri di Naquane, è il centro di riferimento.

La prima segnalazione di rocce incise risale al 1909, anno in cui Walther Laeng segnalò al Comitato Nazionale per la Protezione dei Monumenti due massi istoriati nei pressi di Cemmo.

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Roccia 35. Il villaggio camuno

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Nel 1955, con l’istituzione, per iniziativa della sovraintendenza archeologica della Lombardia, del Parco nazionale delle incisioni rupestri di Naquane, iniziò l’opera di tutela del patrimonio rupestre. Nel 1956 iniziarono le esplorazioni di Emmanuel Anati che scoprì nuovi petroglifi e condusse un’osservazione sistematica dell’intero patrimonio; tali studi gli permisero di dare alle stampe, nel 1960, il primo volume di sintesi generale sull’argomento: La civilisation du Val Camonica. Lo stesso Anati fondò, nel 1964, il Centro Camuno di Studi Preistorici.

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Roccia 57. Cervi cavalcanti

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L’archeologo Emmanuel Anati, nato nel 1930, originario di Firenze, si trasferì a Gerusalemme nel 1945. Si specializzò in antropologia e scienze sociali ad Harvard nel 1959 e ottenne un dottorato in lettere alla Sorbonne di Parigi nel 1960.

Fece degli scavi nella penisola del Sinai che portarono a nuove tesi circa il racconto biblico.

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Capo di ponte – Cemmo. Allineamento nord-suddelle stele “Cemmo 25, 16, 24 e 26”

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Lavorava in un’Università estera quando decise di mollare tutto e trasferirsi in un’abitazione di due stanze in Val Camonica per studiare le incisioni rupestri. Da quel che ho capito, la valle e le incisioni gli devono molto.

A lui si deve la teoria secondo la quale l’arte rupestre costituirebbe una vera e propria forma di scrittura pre-alfabetica, teoria che porterebbe a riscrivere la storia della scrittura umana.

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Malegno – Località Bagnolo – Ceresolo. Rinvenimento fortuito

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Dal punto di vista “pratico”, ho visitato 4 parchi in una giornata e mezza. Il più grande e meritorio è il Parco nazionale di Naquane a Capo di Ponte, richiede circa un paio d’ore di visita, il Parco archeologico nazionale dei massi di Cemmo si risolve in 15 minuti, il Museo Nazionale della Preistoria della Valle Camonica vale una visita ma direi non indispensabile, il Parco di interesse sovracomunale del Lago Moro, Luine e Monticolo richiede un paio d’ore. Sebbene qui le incisioni non siano molto visibili, secondo me vale una visita per la location nel bosco e la vista sulla vallata.

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Roccia 1. L’enigma delle palette

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Devo dire che sono rimasto un po’ deluso dal fatto che le incisioni siano poco visibili. A volte sembra una vera e propria caccia al tesoro. Questo a mio parere non aiuta il turismo di massa, che i luoghi e la ricchezza del patrimonio meriterebbero. Secondo me bisognerebbe trovare una maniera, certamente non lesiva, di colorare o evidenziare le figure per renderle più evidenti (anche se i puristi storceranno il naso). Inoltre credo che non sarebbe impossibile legare le incisioni, almeno nel parco di Naquane, con una semplice ma intrigante narrazione, magari su pannelli, che renderebbe la fruizione molto più piacevole (magari scritta da una pop star della scrittura e fruibile anche con mezzi più tecnologici…).

Dal punto di vista turistica, poco lontano c’è il magnifico lago d’Iseo.

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Roccia 1. Se il cibo è anche Dio: il cervo

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Nonostante queste perplessità, le incisioni sono tracce lasciate da uomini vissuti migliaia d’anni fa e, personalmente, è stata un’esperienza profonda ed emozionante. Non so se sia archeologicamente corretto, ma queste incisioni rappresentano per me le prime forme umane di manifestazione artistica, sono segni, probabilmente rituali, probabilmente “religiosi”, forme del pensiero magico che esprimono profondamente una maniera di stare al mondo dell’essere umano, la sua paura, il suo desiderio, di fronte al mistero all’esistenza. Oggi come allora.

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Roccia 57. I cervi cavalcanti

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Devo anche dire, senza nulla togliere alla straordinarietà delle incisioni rupestri della Val Camonica, che ho pensato che quando qui ci si esprimeva picchettando figurine sgraziate sulla roccia, in Egitto si era arrivati ad una produzione artistica ancora oggi difficilmente eguagliabile. Penso, ad esempio, ai gioielli in oro.

Sarebbe interessante chiedersi perché. Ma questo sarebbe un altro discorso…

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