Non sapevo cosa aspettarmi da Gerusalemme. Posso dire che verso la Città Santa mi hanno spinto storia, spiritualità, curiosità, l’incontro (o lo scontro) tra Occidente ed Oriente, tra civiltà cattoliche, ebraiche e musulmane, il suo essere anche centro nevralgico in una scacchiera geopolitica mondiale tra Stati Uniti e Stati arabi.
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Luogo sacro per le tre più grandi religioni monoteiste al mondo: ebraismo, cattolicesimo e islamismo. Sacra per gli ebrei perché qui si trovava il Tempio di Salomone e perché era stata la capitale di Giuda prima ancora che d’Israele, citata ben 669 volte nella Torah. Sacra per i cristiani perché lì vicino, attorno al Mar di Galilea, Cristo aveva vissuto e predicato, e proprio lì era morto e risorto. Israele è citata nella Bibbia più di duemila volte. Terzo luogo più sacro per i musulmani, dopo la Mecca e Medina, perché qui sarebbe dove Maometto ascese al cielo.
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Ero, e rimango, attratto anche dalla storia del popolo ebraico. Ebbi modo di conoscere in Nuova Zelanda, molti anni fa, alcuni israeliani di cui mi colpirono intelligenza e scioltezza nell’uso dell’inglese. La loro storia è nota a tutti, almeno per quanto riguarda la Shoah, lo sterminio di 6 milioni di ebrei da parte dei nazisti.
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La storia di Gerusalemme è, almeno in parte, la storia del popolo ebraico e della Bibbia. Gli Ebrei, alle origini dei tempi, erano un popolo di pastori nomadi organizzato in tribù guidate da un patriarca. La tradizione biblica inizia con uno di questi patriarchi, Abramo, originario della città di Ur in Mesopotamia, il quale si diresse verso la costa mediterranea della Siria per stabilirsi verso il 1800 a.C. nella terra di Canaan, la terra promessa loro da Dio (quella terra che duemila anni dopo, nel II secolo d.C., i Romani denominarono “Palestina”). Da tale terra, dopo l’epoca dei patriarchi (Abramo, Isacco e Giacobbe), essi migrarono in Egitto stabilendosi pacificamente in quel paese.