Avanzano, i folli
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Dai tempi dei tempi, per fede
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Ognuno come può, verso dove crede
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Seguono tracce, vorrebbero lasciarne
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Fiori nel magma, bruceranno
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Scintille, nel vento
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In questa sezione pubblico una selezione di poesie
Avanzano, i folli
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Dai tempi dei tempi, per fede
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Ognuno come può, verso dove crede
.
Seguono tracce, vorrebbero lasciarne
.
Fiori nel magma, bruceranno
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Scintille, nel vento
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Che il bello e l’incantevole
Siano solo un soffio e un brivido,
che il magnifico entusiasmante
amabile non duri:
nube, fiore, bolla di sapone,
fuoco d’artificio e riso di bambino,
sguardo di donna nel vetro di uno specchio,
e tante altre fantastiche cose,
che esse appena scoperte svaniscano,
solo il tempo di un momento
solo un aroma, un respiro di vento,
ahimè lo sappiamo con tristezza.
E ciò che dura e resta fisso
non ci è così intimamente caro:
pietra preziosa con gelido fuoco,
barra d’oro di pesante splendore;
le stelle stesse, innumerabili,
se ne stanno lontane e straniere, non somigliano a noi
– effimeri-, non raggiungono il fondo dell’anima.
No, il bello più profondo e degno dell’amore
pare incline a corrompersi,
è sempre vicino a morire,
e la cosa più bella, le note musicali,
che nel nascere già fuggono e trascorrono,
sono solo soffi, correnti, fughe
circondate d’aliti sommessi di tristezza
perché nemmeno quanto dura un battito del cuore
si lasciano costringere, tenere;
nota dopo nota, appena battuta
già svanisce e se ne va.
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Così il nostro cuore è consacrato
con fraterna fedeltà
a tutto ciò che fugge
e scorre,
alla vita,
non a ciò che è saldo e capace di durare.
Presto ci stanca ciò che permane,
rocce di un mondo di stelle e gioielli,
noi anime-bolle-di-vento-e-sapone
sospinte in eterno mutare.
Spose di un tempo, senza durata,
per cui la rugiada su un petalo di rosa,
per cui un battito d’ali d’uccello
il morire di un gioco di nuvole,
scintillio di neve, arcobaleno,
farfalla, già volati via,
per cui lo squillare di una risata,
che nel passare ci sfiora appena,
può voler dire festa o portare dolore.
Amiamo ciò che ci somiglia,
e comprendiamo
ciò che il vento ha scritto
sulla sabbia.
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La felicità. Versi e pensieri (ed. orig. 1952)
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Un’intera nottata
buttato vicino
a un compagno
massacrato
con la sua bocca
digrignata
volta al plenilunio
con la congestione
delle sue mani
penetrata
nel mio silenzio
ho scritto
lettere piene d’amore
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Non sono mai stato
tanto
attaccato alla vita
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Giuseppe Ungaretti, Cima Quattro il 23 dicembre 1915
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Devo molto
a quelli che non amo.
Il sollievo con cui accetto
che siano più vicini a un altro.
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La gioia di non essere io
il lupo dei loro agnelli.
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Mi sento in pace con loro
e in libertà con loro,
e questo l’amore non può darlo,
né riesce a toglierlo.
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Non li aspetto
dalla porta alla finestra.
Paziente
quasi come un orologio solare,
capisco
ciò che l’amore non capisce,
perdono
ciò che l’amore non perdonerebbe mai.
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Da un incontro a una lettera
passa non un’eternità,
ma solo qualche giorno o settimana.
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I viaggi con loro vanno sempre bene,
i concerti sono ascoltati fino in fondo,
le cattedrali visitate,
i paesaggi nitidi
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E quando ci separano
sette monti e fiumi,
sono monti e fiumi
che si trovano in ogni atlante.
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E’ merito loro
se vivo in tre dimensioni,
in uno spazio non lirico e non retorico,
con un orizzonte vero, perché mobile.
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Loro stessi non sanno
quanto portano nelle mani vuote.
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“Non devo loro nulla” –
direbbe l’amore
su questa questione aperta.
Wislawa Szymborska (1923 – 2012), Vista con granello di sabbia, 1996
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Dai giardini vengo da voi, figlie delle montagne,
dai giardini, dove la natura vive paziente, casalinga
curata e curatrice assieme a uomini premurosi.
Ma voi, gloriose, vi stagliate come un popolo di titani
nel mondo addomesticato e appartenete solo a voi e al cielo
che vi ha nutrito e allevato e alla terra che vi ha generato.
Nessuna di voi è andata alla scuola degli uomini
e vi librate in alto l’una accanto all’altra, libere,
gioiose per afferarre lo spazio con braccia possenti,
verso le nubi, come l’aquila con la sua preda
e il sole vi incorona, grandi e chiare.
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Un mondo è ciascuna di voi, come le stelle del cielo
vivete, come un dio, assieme per un libero patto.
Se pure sopportassi la schiavitù mai invidierei
questo bosco per inchinarmi a questa vita condivisa.
Non fosse il mio cuore avvinto a condividere con altri la mia vita
perché non può fare a meno dell’amore, a vivere verrei
solo tra di voi.
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Friedrich Hölderlin, Gedichte, 1847
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