Gerusalemme è una città santa per le tre grandi religioni monoteiste: cristianesimo, islamismo ed ebraismo. Ad esse corrispondono almeno tre luoghi sacri: Il Santo Sepolcro, il Monte del Tempio e la Sinagoga Hurva.
Avrei potuto soffermarmi su altro, per trasmettere sensazioni di un viaggio in Israele e a Gerusalemme: natura, persone, emozioni. Tuttavia mi pare che anche solo attraverso la storia del Monte del Tempio e del Santo Sepolcro si possano narrare, in sintesi, non solo tutti gli scontri e le tensioni che caratterizzano, si potrebbe dire da sempre, questo piccolo Paese (in termini di territorio) ma anche la magia, il fascino che per qualche ragione Gerusalemme emana.
Ai tre luoghi sopra citati ne aggiungerò altri due fortemente caratterizzanti la Città Santa, rispetto ai quali il viaggiatore moderno, come quello del passato, non può rimanere indifferente. Il Muro del Pianto e le Mura.
Le notizie storiche che seguono, corredate da qualche mia impressione e foto, provengono da Wikipedia e da altri siti. Con esse volevo fissare l’esperienza e qualche ricordo, per me e per altri che abbiano visitato o vogliano visitare Gerusalemme, o siano semplicemente curiosi.
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Il Monte del Tempio
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Il Monte del Tempio, forse il biblico Monte Moriah, detto anche Spianata delle Moschee o il Nobile Santuario, ospita oltre un milione di visitatori ogni anno. È un luogo sacro per le tre grandi religioni monoteiste. Attualmente è un sito religioso musulmano, importante perché sarebbe questo il luogo in cui Maometto ascese al cielo. Gli ebrei lo considerano santo perché era il luogo in cui sorsero il Primo ed il Secondo Tempio. I cristiani invece perché sarebbe qui che Gesù ebbe le sue famose dispute con i dottori.
Sulla spianata i due edifici principali sono oggi due moschee: la Cupola d’Oro, cioè la Cupola della Roccia, considerato uno dei simboli di Gerusalemme, visibile da molti luoghi della città, al cui interno è custodita la roccia dalla quale Maometto ascese al cielo; e la Moschea di Al-Aqsa, che fu tra l’altro anche sede dei Cavalieri Templari. I non musulmani non possono visitarle all’interno, perché considerati luoghi sacri di preghiera, e dunque anch’io ho potuto vederle solo da fuori.
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Il monte Moriah è una montagna citata nell’Antico Testamento dove avvenne il sacrificio di Isacco, ma la sua effettiva collocazione è oggetto di dibattito.
Il Monte prende il nome dal Tempio ebraico di Gerusalemme, dedicato al Dio unico dell’ebraismo che vi fu costruito, secondo quanto descritto nella Bibbia, dal re d’Israele Salomone nel X secolo a.C.; andato distrutto a seguito d’una invasione babilonese nel VI secolo a.C., venne ricostruito nel corso dello stesso secolo dagli ebrei, e ampliato a partire dal 20 a.C. dal re d’Israele Erode il Grande e dai suoi successori. Durante i grandiosi lavori di ampliamento da lui voluti venne realizzata la vasta spianata oggi visibile. Il Tempio fu definitivamente distrutto dai Romani nel 70 d.C.
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All’epoca dell’imperatore Adriano (76-138 d.C.), dopo la rivolta ebraica, sul sito sorse un tempio dedicato a Giove.
Due secoli più tardi – nel 324 – l’imperatore Costantino distrusse il tempio pagano voluto da Adriano e al suo posto fece edificare una chiesa bizantina, dedicata alla Vergine Maria.
Dopo la conquista musulmana (VII secolo) vennero costruite le moschee ancora oggi esistenti.
Con la Prima Crociata (1096 – 1099) il luogo fu nuovamente occupato dai cristiani: nella moschea al-Aqsa, costruita sul sito della basilica bizantina, stabilirono la loro sede i Cavalieri Templari, ricevendo il nome proprio dall’antico Tempio, mentre la Cupola della Roccia fu trasformata in cappella.
Con la riconquista musulmana di Gerusalemme entrambe ritornarono alla loro destinazione d’uso religioso musulmano.
Dopo la proclamazione dello Stato di Israele nel 1948 e la guerra che ne seguì, il Monte del Tempio rimase nella parte araba di Gerusalemme (Gerusalemme Est); con la Guerra dei Sei Giorni del 1967 fu invece controllato dagli israeliani (assieme al resto della città); oggi lo status quo è garantito in base ad un accordo tra lo stato ebraico e la Giordania, la quale gestisce la spianata tramite il gruppo Waqf, una fondazione pia islamica.
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Premetto che la mia visita è avvenuta in ‘bassa stagione’, e dunque la presenza di turisti, comunque sostanziosa, non era esagerata. Se nel Santo Sepolcro la spiritualità viene a mio parere quasi annientata dalle comitive e dalle guide che raccontano il luogo in modalità da piazza, la Spianata del Tempio è invece un luogo, forse grazie alla sua ampiezza (300 per 500 metri circa) dove si può ancora percepire l’aurea dei luoghi di culto. Si dice che gli stessi gerosolimitani, anche alcuni ebrei, la frequentino quando vogliono uscire dal fragore e dal continuo tramestio dei vicoli della Città Vecchia.
Sebbene io sia agnostico trovo che questi posti, oltre a costituire di per sé delle opere d’arte sia per la loro architettura che per le opere contenute, trasmettano energie spirituali. È come se le preghiere ed i riti, il rispetto di cui godono da parte dei credenti, avessero il potere di renderli luoghi speciali.
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Il Santo Sepolcro
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La basilica del Santo Sepolcro, chiamata anche la chiesa della Resurrezione, è una delle più importanti chiese cristiane. Si presume sia stato il luogo insieme della crocifissione, unzione, sepoltura ed anche resurrezione di Gesù.
Attualmente si trova all’interno delle mura della Città Vecchia (perché nel 42 d.C. Erode fece allargare la cinta muraria), al termine della Via Dolorosa, la via del calvario di Gesù, e ingloba sia quella che è ritenuta essere la collina del Golgota, il luogo della crocifissione, sia il sepolcro scavato nella roccia dove il Nuovo Testamento riferisce che Gesù fu sepolto.
Nel 135 d.C. l’esercito romano represse la lunga rivolta di Bar Kokhba (132–135). Per punire gli ebrei l’imperatore Adriano ordinò la distruzione di Gerusalemme, facendo radere al suolo anche i loro luoghi sacri e costruendovi sopra templi pagani. Gerusalemme fu ricostruita e venne chiamata Aelia Capitolina. Nel luogo ove ora sorge la Basilica venne edificato un tempio dedicato a Venere.
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Al Concilio di Nicea del 325 il vescovo di Gerusalemme, Macario, invitò l’imperatore Costantino a distruggere i templi pagani nella Città Santa. Costantino ordinò che il luogo sacro venisse riportato alla luce (325-326) e ordinò a Macario di costruire una chiesa su quel luogo. Venne costruita così la Basilica costantiniana. A molto contribuì la madre di Costantino I, Elena, alla quale è attribuita anche la riscoperta della Vera croce.
La basilica di Costantino fu costruita attorno alla collina della crocifissione, ed era composta da tre edifici collegati fra di loro e costruiti sopra tre differenti luoghi santi: una grande basilica sul luogo della crocifissione, un atrio chiuso con colonnato attorno alla roccia del Calvario, e una chiesa rotonda che conteneva i resti della grotta che Elena e Macario avevano identificato come luogo di sepoltura di Gesù.
Le prime due vennero inaugurate il 14 settembre del 335. La roccia circostante venne scavata e la tomba venne inglobata in un’edicola, un piccolo edificio al centro della rotonda. La cupola della rotonda venne completata alla fine del IV secolo.
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La basilica venne danneggiato dal fuoco nel 614 quando i persiani di Cosroe II invasero Gerusalemme e si impossessarono della Vera Croce.
Nel 630 l’imperatore bizantino Eraclio marciò trionfalmente in Gerusalemme, poi fece ricostruire la chiesa del Santo Sepolcro e portò la Vera Croce a Costantinopoli. Sotto i musulmani il luogo rimase una chiesa cristiana.
La seconda chiesa fu distrutta da un terremoto nel 746.
All’inizio del IX secolo un violento sisma abbatté la cupola e il restauro ebbe luogo nell’810 da parte del patriarca Tommaso.
Nel 1009 l’edificio originale venne distrutto completamente dall’Imam-Califfo fatimide al-Hakim bi-Amr Allah, che sradicò la chiesa fino alle fondamenta. L’edicola, i muri orientale e occidentale e il tetto della tomba scavata nella roccia vennero distrutti o danneggiati (le cronache dell’epoca sono discordanti), soltanto i muri nord e sud vennero protetti da ulteriori danni dalle macerie.
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Nel 1048, a seguito di un accordo tra Il Cairo e Costantinopoli, una serie di piccole cappelle venne eretta sul sito da parte dell’imperatore Costantino IX. I siti ricostruiti vennero conquistati dai cavalieri della prima crociata il 15 luglio 1099.
La chiesa, assieme al resto della città, fu presa da Saladino nel 1187, ma il trattato firmato dopo la terza crociata consentì ai pellegrini cristiani di continuare a visitare il sito. L’imperatore Federico II di Svevia riconquistò la città e la chiesa con un trattato del XIII secolo, quando egli stesso era stato scomunicato dal papa, con il curioso risultato che la chiesa più sacra della Cristianità si trovò sotto interdetto.
Sia la città sia la chiesa vennero conquistate e pesantemente saccheggiate dall’impero persiano corasmio nel 1244.
I frati francescani la rinnovarono ulteriormente nel 1555, essendo stata trascurata nonostante l’afflusso di un sempre maggior numero di pellegrini.
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Un nuovo incendio danneggiò gravemente la struttura nel 1808, provocando il crollo della cupola della rotonda e la distruzione delle decorazioni esterne dell’edicola. L’esterno della rotonda e dell’edicola vennero ricostruiti nel 1809-1810 nello stile barocco turco dell’epoca. Il fuoco non raggiunse l’interno dell’edicola: le decorazioni in marmo della tomba, risalenti al restauro del 1555, rimasero intatte. La cupola attuale risale al 1870.
Un grande restauro moderno ebbe inizio nel 1959, comprendente anche il restauro della cupola nel 1994-1997.
Nel 1847 papa Pio IX ristabilì a Gerusalemme il patriarcato di Gerusalemme dei Latini ed eresse la basilica del Santo Sepolcro a cattedrale patriarcale, tuttavia nel 1852 fu emanato un decreto ottomano per porre fine ai violenti dissidi soprattutto tra la Chiesa ortodossa greca e la Chiesa cattolica, rappresentata dalla Custodia di Terra Santa dell’ordine francescano. Il decreto, tuttora in vigore, ripristinò la situazione risalente al 1767, tenendo conto degli ulteriori diritti acquisiti anche da altre comunità cristiane, quali la Chiesa apostolica armena, la Chiesa ortodossa copta e la Chiesa ortodossa siriaca. Esso assegnò la Basilica quasi interamente ai greci ortodossi, il cui Patriarca vi ha infatti tutt’oggi la cattedra e il katholikon, regolando altresì tempi e luoghi di adorazione e celebrazione per ogni Chiesa. Dal XII secolo le famiglie palestinesi musulmane Nusayba e Ghudayya, incaricate dal Saladino in quanto neutrali, sono custodi della chiave dell’unico portone di ingresso, sul quale nessuna Chiesa ha diritto.
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All’interno della basilica ci sono la Pietra dell’Unzione, che secondo la tradizione accolse il corpo di Gesù deposto dalla croce, la Pietra dell’Angelo, con cui si racconta venne sigillato il sepolcro di Cristo, e la tomba vera e propria di Gesù all’interno dell’edicola.
Le cappelle e gli altari sono divisi tra i diversi culti cristiani ospitati all’interno della basilica: ci sono i francescani, i greci, gli armeni, i copti, i siriani e gli etiopi.
Le diversità degli stili, le peculiarità, la storia della basilica che riunisce al suo interno più luoghi sui quali diversi edifici sono stati costruiti, distrutti, ricostruiti o rinnovati nel corso delle epoche, oltre alle valenze religiose, artistiche e storiche, rendono questo luogo davvero particolare e unico al mondo.
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La sinagoga Hurva
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Nella sua forma attuale è una costruzione contemporanea, e non ha certamente la storia né la valenza simbolica dei due luoghi precedentemente trattati, ma per completezza mi pareva di dover accennare anche a un luogo di culto ebraico, oltre al Muro del Pianto.
Fu costruita originariamente all’inizio del XVIII secolo ma fu distrutta dai creditori arabi nel 1721. Rimase in rovina per oltre 140 anni e fu conosciuta appunto come Hurva (rovina). Nel 1864 venne ricostruita con il nome di sinagoga di Beis Yaakov, ma rimase famosa come Hurva. Divenne la principale sinagoga ashkenazita (il termine si riferisce ad ebrei originari della Germania o di altri stati dell’Europa centrale e orientale) di Gerusalemme finché non fu nuovamente distrutta dalla Legione araba dopo il ritiro delle truppe israeliane da Gerusalemme durante la guerra arabo-israeliana del 1948.
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A seguito della guerra dei sei giorni nel 1967, la città passò in mani israeliane e vennero proposti numerosi progetti di ricostruzione. Dopo molti anni di indecisione, nel 1977, fu eretto un arco commemorativo. Il governo israeliano approvò nel 2000 il piano di ricostruzione e l’attuale sinagoga venne consacrata il 15 marzo 2010.
Non ha evidentemente alle sue spalle tutte le ricchezze storiche ed architettoniche del Monte del Tempio e del Santo Sepolcro, tuttavia penso che le valenze religiose di questo luogo siano associate anche a quelle simboliche di ricostruzione e rinascita del popolo della diaspora. È situata al centro del quartiere ebraico nella Città Vecchia, dove risiedono gli ebrei ortodossi. Gli uomini con i loro caratteristici vestiti neri, cappelli anch’essi neri e a larghe tese, la barba. Le donne con le gonne lunghe e foulard o copricapi per coprire i capelli.
Al suo interno, almeno quando io l’ho visitata, c’erano gruppi di giovani che leggevano e commentavano la Torah al piano basso, mentre in alto c’erano quelle che mi sono sembrate classi di ragazze con delle maestre.
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Il Muro del Pianto
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Il Secondo Tempio, ampliato da Erode, fu distrutto da Tito nel 70 d.C. Oggi ne resta solamente il muro occidentale di contenimento della base, detto comunemente Muro del Pianto. Tito lo lasciò come triste ricordo per gli ebrei che, comunque, attribuirono alla volontà di Dio l’averne risparmiato una parte, come segno del suo immutato legame con il popolo ebraico. Pare che le pietre, fino a circa la metà dell’altezza del muro, risalgano effettivamente all’epoca erodiana.
Gli ebrei pregano presso il Muro del Pianto da duemila anni, ritenendo che sia il luogo più sacro disponibile sulla faccia della Terra (essendo molto vicino al sito dove sorgeva il Tempio). Si tratta, in sostanza, di una Sinagoga a cielo aperto. Anche la tradizione di infilare piccoli fogli di carta recanti preghiere nelle fessure del muro è antica di centinaia di anni. Nelle preghiere ripetute per tre volte ogni giorno sono incluse le ferventi richieste a Dio per il ritorno di tutti gli ebrei esiliati nella terra di Israele e la ricostruzione del Tempio (il terzo) per arrivare all’era messianica con l’arrivo del messia degli ebrei.
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Pare che il suo nome sia stato dato da non ebrei, che vedevano delle persone piangere in contemplazione. C’è anche un’altra ipotesi, legata al modo di preghiera di alcuni ebrei, che fanno oscillare la parte superiore del corpo. Ad un osservatore posto ad una certa distanza può sembrare un pianto.
La Guerra dei Sei giorni del 1967 riportò dopo 2000 anni il Muro in possesso israeliano. Il medievale Quartiere Marocchino che gli stava di fronte venne raso al suolo ed al suo posto venne lasciata la grande piazza ancora oggi frequentabile, utilizzata da migliaia di ebrei durante le ricorrenze ebraiche nonché da almeno altrettanti turisti.
La sola autentica venerazione attribuita dagli ebrei a questo luogo sarebbe sufficiente a renderlo speciale.
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Le Mura
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Il sultano Solimano il Magnifico ordinò la costruzione delle mura di Gerusalemme, ancora oggi visibili, nel 1540. Prima di allora vennero costruite, distrutte e ampliate svariate volte.
Le mura di Solimano sono del tutto inadatte a sostenere un assedio, troppo sottili (un metro e mezzo di spessore), sarebbero incapaci di sostenere un cannoneggiamento. La leggenda narra che i due architetti che le progettarono furono per questa ragione giustiziati.
La Città Vecchia di Gerusalemme ha otto porte di accesso per attraversarle, di cui una murata, e un accesso minore.
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Chiunque sia mai passato per Gerusalemme, sin dall’epoca della loro fondazione, deve aver visto le mura che racchiudono la Città Vecchia in tutta la sua ampiezza. Se mi chiedessero cosa mi è rimasto più impresso, qual è l’elemento che più contraddistingue la Città Santa, io direi che sono loro, le mura. Sebbene il loro valore militare, come detto, almeno dopo l’epoca della polvere da sparo sia tutt’altro che eccezionale, a me hanno dato l’impressione di essere forti, oltre che imponenti, e di racchiudere al loro interno qualcosa di così prezioso da aver motivato migliaia, chissà, forse addirittura milioni di persone a morire durante il tentativo di conquistarle, nel corso della lunga storia di questa città. Non erano queste, erano ovviamente anche altre, tuttavia è come se le rappresentassero tutte, nel loro ottimo stato di conservazione.
Sono arrivato a Gerusalemme in autobus, provenendo dal Mar di Galilea. Sono arrivato alla stazione centrale. Da lì, per recarmi nell’ostello che si trovava non lontano, all’interno della Città Vecchia, ho preso il tram. Sono sceso dal tram, forse dieci minuti di percorso dalla stazione, ho fatto pochi passi e le ho viste, in tutta la loro meraviglia, di fronte a me. Mi sono fermato per contemplarle. Penso di aver sorriso. Dovevo costeggiarle per arrivare alla porta di Giaffa, poter entrare. Gerusalemme, alla loro vista, mi aveva già conquistato. La mia immaginazione non vedeva macchine, autobus, cittadini, turisti, ma deserto, cammelli, cavalli, cavalieri crociati e fieri guerrieri arabi. Lottavano a costo della vita per qualcosa che si trovava lì dentro. Cos’era? Cosa poteva valere tanto? Già, cos’era. Attorno a questa domanda, per me, il fascino insoluto di Gerusalemme. L’Aleph di Borges.
Grazie per questa bella lettera non ci sono mai stato in questi luoghi sacri ma mi è sembrato un po’ di vederli insieme ciao Antonietta
Grazie Antonietta, mi fa piacere