Anche se alcuni ritengono quest’opera datata, ne parlo perché mi pare un testo fondamentale per cogliere le mutazioni antropologiche passate e presenti.
L’autore propone tre modelli di persona, sviluppatisi nel passaggio dal settore primario, a quello secondario ed infine al terziario in cui ci troviamo oggi, e dipendenti dall’andamento demografico della popolazione. Sebbene quest’ultima tesi sia stata discussa, il testo rimane a mio parere importante e denso d’idee illuminanti.
L’autore è stato un sociologo statunitense, professore di diritto nell’Università di Buffalo e di sociologia nelle università di Chicago e di Harvard.
Al centro dell’analisi è il “carattere sociale americano”, e in larga misura di tutto l’Occidente sviluppato, quale si è formato nella società di massa. Innumerevoli sono le intuizioni acute e anticipatrici, come le analisi del rapporto genitori-figli, della dipendenza dal gruppo dei pari, dell’influenza ambigua dei mass media, della dialettica tra lavoro e tempo libero. Ne emerge con vigore la figura – per certi versi persino tragica – dell’uomo-massa: eterodiretto, educato alla scuola del conformismo, schiacciato dal bisogno di approvazione e di successo, abitante di un mondo governato dalle apparenze, spogliato della propria individualità, solo e disarmato nella moltitudine che gli si affolla intorno.
Il primo tipo d’uomo analizzato è il prodotto di una società modellata sul gruppo familiare di tipo patriarcale, con indici di mortalità e di natalità molto elevati e un senso religioso profondamente sentito: è il tipo d’uomo “diretto dalla tradizione”, che Riesman individua ad esempio nell’uomo medievale.
Dal Rinascimento fino all’inizio del sec. XX avvengono profondi mutamenti sociali che rendono l’uomo cosciente d’aver maggiore potere nei confronti della realtà e maggiore autonomia di giudizio: esso viene quindi definito “autodiretto”.
Più recentemente si è andata delineando, specie negli Stati Uniti, una terza fase che segna il passaggio dall’epoca della produzione a quella del consumo e nella quale emerge l’uomo “eterodiretto” o massificato, per il quale il consenso del gruppo sociale di appartenenza sarebbe il valore assoluto e il conformismo diviene così l’unico modo di comportamento
L’analisi si basa su un assunto, ad esempio di Erich Fromm, il quale ipotizza un nesso tra società e formazione del carattere. Egli ritiene infatti che affinché una società funzioni bene, i suoi membri devono acquisire il tipo di carattere che porti loro a voler agire nel modo in cui devono agire in quanto membri della società stessa.
Gli individui a ‘direzione tradizionalistica’ imparano a comprendere e ad apprezzare presto i modelli durati per secoli e modificati solo leggermente dal susseguirsi delle generazioni. La struttura del loro carattere è adattata nel senso che essi accettano senza discuterlo il ruolo sociale ritenuto apprezzabile dalla società, sono individui ‘obbedienti’.
Nelle società a direzione tradizionalistica, l’agente principale che concorre alla formazione del carattere è la famiglia estesa e il clan o gruppo di cui l’individuo fa parte. Qui i bambini possono essere messi nella condizione di ricoprire un ruolo adulto molto presto, essi imparano ad agire come coloro che li circondano. Questo significa che ciò che gli adulti fanno è sufficientemente semplice perché i bambini lo afferrino, tanto semplice che sono in grado di comprenderlo e imitarlo prima ancora di avere i requisiti fisici necessari per compierlo effettivamente. Le società con un elevato potenziale di crescita demografica sono caratterizzate da un grado di mobilità sociale molto basso: i genitori educano i figli a succedere loro piuttosto che ad aver successo progredendo nel sistema sociale.
Secondo Riesman le società del Rinascimento e la Riforma possono essere ritenute, nella storia Occidentale, quelle in cui la maggior parte degli individui erano invece autodiretti. Il punto fondamentale che caratterizza il periodo in cui vivono questi individui consiste nel fatto che si verifica una frantumazione della tradizione, connessa in parte alla divisione del lavoro e alla stratificazione sociale. Questi individui hanno maggiore flessibilità nell’adattarsi ad esigenze sempre mutevoli e aver la possibilità di scegliere diverse strade da intraprendere. Sono guidati da un meccanismo psicologico chiamato giroscopio. Acquistano la capacità di controllare la propria vita e considerano i figli come individui che devono trovare la loro strada. Essi sono capaci di grande stabilità anche quando manca loro l’appoggio dell’approvazione sociale.
Con l’inizio della fase di transizione demografica gli individui autodiretti incominciano ad aprirsi la strada verso nuove frontiere, frontiere della produzione, della colonizzazione e della scoperta intellettuale. Nel corso della crescita il bambino acquisisce presto la consapevolezza dell’esistenza di modi di vita contrastanti, tra i quali egli è libero di scegliere. I giovani autodiretti tendono a percepire per tutta la vita che il loro carattere è qualcosa che deve essere rielaborato e migliorato in continuazione. Quando il bambino apprende dai genitori il dovere dell’osservazione di sé e dell’addestramento del carattere inizia ad essere pronto ad affrontare e conosce situazioni nuove. Egli scopre di poter adattare il suo comportamento ed è in grado di distinguerlo dal suo carattere, che rimane ben solido. In questa nuova situazione l’individuo deve decidere cosa fare di se stesso e questo senso di responsabilità lo rende sensibile ai segnali che provengono dal suo ideale interiorizzato.
Quando il tasso di natalità inizia a decrescere seguendo quello di mortalità, le società si muovono verso la fase d’incipiente declino demografico. In queste condizioni ‘gli altri’ diventerebbero sempre più il vero problema. Il controllo giroscopico non è più sufficientemente flessibile e si rende necessario un nuovo meccanismo psicologico, il radar. Il tratto comune a tutte le persone eterodirette consiste nel fatto che i coetanei rappresentano la fonte di direzione per l’individuo. Essi sono composti sia delle persone che conosce direttamente, sia da quelle con cui ha relazioni indirette, mediate da amici o mezzi di comunicazione di massa. Il bisogno di approvazione e di essere diretto da altri è la caratteristica portante dell’eterodiretto, infatti mentre tutti desiderano essere apprezzati da qualcuno per qualche tempo, solo il tipo eterodiretto fa di ciò la sua principale fonte di direzione e l’ambito principale della sua sensibilità.
Nella fase di incipiente declino demografico la mobilità sociale, invece, continua ad esistere. Tuttavia essa non dipende tanto da ciò che un individuo è e fa, ma piuttosto da ciò che gli altri pensano di lui e dalla sua capacità di manipolare gli altri ed essere a sua volta manipolato. Il bambino eterodiretto cresce in quartieri chiusi o in periferia, la dimensione e lo spazio in cui vive la famiglia diminuiscono e l’abitudine a vivere con persone più anziane tende a scomparire, il bambino è costretto ad affrontare da solo le tensioni emotive dei suoi genitori. Nelle nuove condizioni sociali ed economiche, i bambini hanno una posizione più elevata, le ragazze non sono più costrette al pesante lavoro domestico, ma anzi non c’è lavoro in casa e poco anche fuori; i genitori discutono sull’ora dei pasti e su quando bisogna andare a dormire e non si sentono più superiori ai figli. Probabilmente per tutte queste ragioni, in questa fase vi è una forte incertezza da parte dei genitori riguardo al modo di educare i figli. Il bambino eterodiretto non affronta esclusivamente la richiesta di aver successo, bensì anche il problema di definire che cosa significhi aver successo: aver successo significa per lo più farsi degli amici, o in ogni caso gli amici giusti. Dunque egli scopre che la valutazione e la definizione di se stesso dipendono dalla compagnia che frequenta.
Nei tipi eterodiretti si può distinguere infine la tendenza alla cosiddetta ‘differenziazione marginale’ cioè il tentativo da parte degli individui che competono per un determinato lavoro nelle strutture commerciali di differenziare in modo marginale la propria personalità.
Per questa sintesi sono ampiamente debitore a:
Analisi e riflessione sul libro La folla solitaria di David Riesman di Emir Dulger, Università di Trento Link