Poesia per Siviglia

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Di Siviglia resteranno le arance a dicembre, 

Le luci delle architetture gotiche e arabe sul fiume di sera, 

le espressioni orgogliose e tormentate del flamenco,

il battito dei tacchi sul pavimento, la litania delle voci, la chitarra. 

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Resteranno le parole scambiate con un senza casa

su una panchina di fronte alla Cattedrale, 

resterà l’eco dei passi nel Casco Viejo, 

eco di passi di un altro Casco Viejo

direbbe forse Borges.

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Resteranno le folle accalcate fuori dai locali, 

resterà un Cristo su fondo nero

terribilmente elegante di Zurbaràn.

Resterà la mia amata ceramica araba. 

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O forse nulla di tutto questo.

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Resteranno i monumenti, 

resterà Zurbaràn, 

resterà il flamenco 

resteranno i turisti.

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Qualche riflesso, forse.

Qualche riflesso, sì, in altre parole, in altri pensieri.

In altre emozioni. 

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