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Sotto la ruota è il secondo romanzo pubblicato da Hesse, a quanto pare.
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Cominciandolo ho avuto l’impressione di rileggere quello precedente, Peter Cemenzind, in una versione peggiorata. Ma da metà in poi ho cambiato idea.
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La narrazione è più matura, ma anche un po’ più noiosa rispetto al Cemenzind che, nonostante alcuni passaggi un po’ immaturi aveva dalla sua un notevole esprit giovanile nella ricerca dei temi che contraddistingueranno l’Hesse maturo.
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I temi, vagamente autobiografici, sono inizialmente gli stessi nei due romanzi.
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Il giovane di campagna che va a studiare al seminario gratuito per ragazzi dotati come opportunità di elevazione sociale e l’amicizia con un coetaneo con istinti artistici, ad esempio.
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Ma mentre il Peter Cemenzind è la storia compiuta del ragazzo che diventa uomo e del suo percorso di vita, Hans termina il suo sul finire dell’adolescenza.
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Più interessante per me è risultata la seconda parte, quando Peter comincia ad avere crisi nervose (velatamente autobiografico), cala il rendimento scolastico, torna al villaggio, comincia un’esperienza lavorativa in un’officina, ha una prima delusione amorosa e poi muore, forse suicida, in un fiume.
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Subito dopo aver preso la sua prima sbronza con i nuovi colleghi di lavoro, tra l’altro.
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Sebbene questa seconda parte risulti in qualche modo “dolorosa”, almeno per, è anche il suo bello, come avrebbe forse detto Pavese.
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Alcune dinamiche nel racconto di questa esistenza dal precoce epilogo mi hanno colpito. Il ragazzo un po’ solitario fuori dal suo nido, le interazioni sociali, le prime esperienze di lavoro manuale in officina, così come il suo modo genuino di porsi è sentire ciò che lo circonda.
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Curioso che un uomo quale fu Hesse, un uomo dalla vita sofferta, a quanto dicono le sue biografie e da quello che in parte traspare dalle sue opere, sia poi riuscito a scrivere opere così luminose.
