Cosí, da piú oscure latebre, si libera
un io sconosciuto, invecchiando, cui
non badammo da giovani, o che intravisto tememmo, e parevaci il peggio di noi,
il piú abbandonato e senza speranza; eppure era lui, nella sua essenza precaria era l’uomo, nella triste sua carne,
e mortale destino, e ivi dentro
il suo amore, melanconico e vorace,
e fatuo, indegno di risposta: e ora che il crudo
suo vero rivelasi, tu, anima, specchio d’eterno, che cosa farai? Cosí s’interroga il vecchio, dondolando la testa, mentre soffre e dubita.
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Carlo Betocchi (1899-1986)
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