Raccolgo qui di seguito una serie di appunti poco organizzati e un po’ in ordine sparso su questo libro. Metterli a posto prenderebbe troppo tempo.
Lo ritengo interessante principalmente per due motivi. Il primo è l’idea che sta alla base della stessa teoria terapeutica proposta da Lowen, che associa corpo e psiche, rigidità del corpo, flussi energetici bloccati, e problematiche relative alla psiche. Il secondo è dato dalla caratteriologia, dai tipi caratteriali proposti.
Premettendo che io stesso sono pieno di rigidità, vorrei redarguire il lettore poco pratico di questo tipo di testi. Potrebbe capitare, come del resto succede anche a me, di riconoscersi in tutti o molti dei caratteri problematici descritti. Credo sia una reazione normale, che non deve allarmare, e può inoltre aiutare a guardare l’altro con maggiore empatia ed apertura mentale. Tutti abbiamo un carattere di qualche tipo.
Il carattere dell’individuo, quale si manifesta nel suo modello tipico di comportamento, si configura anche a livello somatico con la forma e il movimento del corpo. La somma totale delle tensioni muscolari viste come gestaltiche, cioè come una unità, il modo di muoversi e di agire, costituiscono la “espressione corporea” dell’organismo. L’espressione del corpo è il complesso somatico dell’espressione emozionale tipica che a livello psichico si definisce come “carattere”. In qualche modo la postura del corpo, essendo naturale, fa parte dell’Es.
Già ai suoi tempi Freud riconobbe che ciò che meglio concilia il sonno è un’attività sessuale soddisfacente. Oggi sappiamo che l’orgasmo serve a scaricare energia, o tensione, e a facilitare quindi il sonno. Non è che l’Io si rifiuti di andare a dormire; esso non può essere offuscato finché una persistente eccitazione somatica fluisce nell’apparato mentale. La direzione opposta del flusso, cioè verso il basso, porta questa eccitazione agli organi preposti alla scarica, cioè i genitali.
L’energia scorre in direzione centro-periferia, diminuisce la tensione, che sia o meno accompagnata dalla scarica di sostanza, ed è percepita come piacere. Il movimento energetico nella direzione opposta, dalla periferia verso il centro, aumenta la tensione ed è equiparato al dolore che non è percepito. Non è lo stesso che è in gioco nell’ansia, che si sviluppa solo quando l’energia di un impulso non si scarica.
Il movimento di energia dal centro alla periferia ha due fini o scopi: uno è collegato alla funzione di carica – l’alimentazione, la respirazione, l’eccitazione sessuale; l’altro è collegato alla funzione di scarica energetica, la cui più importante espressione è la scarica sessuale e la riproduzione.
Nel 1933 Wilhelm Reich pubblicò per la prima volta Analisi del carattere. Secondo Lowen il più alto traguardo della tecnica psicoanalitica e costituisce il ponte che conduce dalla psicoanalisi alla comprensione analitica delle tensioni muscolari e dei blocchi dell’energia. Il concetto di carattere non nacque con Reich. Nel 1908 Freud aveva pubblicato uno studio intitolato Carattere ed erotismo anale, in cui rilevava il rapporto tra la regolare combinazione di tre tratti con l’erotismo anale: ordine, ostinazione, parsimonia, ed erotismo anale. Questo genere di studi fu in parte proseguito da Abraham.
In genere non ci si rende conto che il carattere descrive una realtà oggettiva. Si può osservare abbastanza facilmente negli altri, ma solo con grande difficoltà l’individuo diventa consapevole del proprio carattere: guardiamo gli altri criticamente, noi stessi con favore. La cosa principale nel carattere è il fatto che esso rappresenta il modello di comportamento, o un orientamento abituale. È un modo di reagire definito, congelato e strutturato; ha una qualità “caratteristica” che sempre s’imprime come marchio di una persona. In questo senso ogni struttura caratteriale è patologica. Non si può dire dell’individuo le cui energie libidiche non si siano mai strutturate in un modello tipico o in una direzione abituale che egli ha una struttura caratteriale. Tali individui, che tra l’altro sono piuttosto rari, sono difficili da definire, da ritrarre o da soprannominare; hanno un’espressione viva e una spontaneità che sfidano il tentativo di impadronirsene.
L’Io è fondamentalmente una percezione soggettiva di se stessi, mentre il carattere e la personalità sono apprezzamenti oggettivi. Una descrizione che il paziente offre del proprio Io è rimarchevole per la sua inattendibilità. Il paziente pensa al suo Io nei termini del suo Ideale che esprime una qualche capacità intrinseca piuttosto che una funzione reale. Così l’analista deve costruire il vero Io a partire da una determinazione della struttura caratteriale e da una valutazione della personalità.
Il carattere è la risultante di forze opposte, la guida e la difesa dell’Io, che impiegano anche energie dell’Io. Se riusciamo a separare l’Io dalla struttura caratteriale in cui è incorporato, si apre la strada a un cambiamento della struttura, ma per portare a termine questa identificazione del paziente col suo Io come opposto al suo carattere, le difese dell’Io devono essere sopraffatte ed eliminate. Comunque si operi, questo è il compito di ogni terapia analitica. Quando Reich scrisse: “Ogni nevrosi nasce dal conflitto tra i bisogni pulsionali rimossi, fra cui non mancano mai quelli sessuali della prima infanzia, e le forze di difesa dell’Io”, egli denunciò il problema fondamentale di tutta la terapia analitica. Il problema va tuttavia visto nella sua totalità. Il carattere stesso è il disturbo fondamentale, e non si possono fare effettivi progressi nella terapia analitica finché il paziente non lo riconosce.
Una struttura caratteriale è comunque il risultato di un compromesso; è l’espressione di un equilibrio dinamico di forze opposte e in quanto tale è stato relativamente stabile. Nelle mutevoli circostanze della vita, spesso risulta inadeguato. Se le forze represse erompono come sintomo isterico, collera violenta o reazione coatta, si percepisce la minaccia dell’Io. Per contrasto, un tratto caratteriale che è integrato e fa parte della struttura caratteriale è considerato al più un’eccentricità o una peculiarità dell’individuo.
Nel nostro esame della crescita dell’Io possiamo dire semplicemente che lo sviluppo del bambino passa da una condizione di dipendenza emozionale a quella di indipendenza emozionale, dal nebuloso Io di piacere-dolore del neonato all’Io che è realtà cristallizzata nell’adulto, dalla fase orale a quella genitale.
Quando parliamo della “fase orale” ci riferiamo a un periodo nella vita dell’organismo in cui è assolutamente dipendente, in cui il bisogno di ricevere sostentamento domina le sue attività. Mentre cresce e si sviluppa, raggiunge a poco a poco un periodo di equilibrio energetico con l’ambiente. Una volta che la crescita fisica è cessata, l’organismo ha la necessità di scaricare l’eccedente netto di energia risultante dalle attività connesse al sostentamento. È una qualità del processo vitale di produrre più energia di quanta ne sia necessaria per la sua crescita individuale.
Mentre l’oralità diminuisce, la genitalità aumenta. Per noi, l’oralità equivale alla dipendenza, la genitalità all’indipendenza. Alla nascita il bambino dipende dalla madre per il sostentamento. È qualcosa di più del nutrimento. Ha bisogno di amore, sicurezza, soddisfazioni narcisistiche, e forse si possono aggiungere altri elementi ancora per definire questo bisogno.
Nella crescita e nello sviluppo della struttura dell’Io il bambino è soggetto a tre specie fondamentali di disturbi, ognuna delle quali lascia un segno caratteristico sulla sua personalità. La privazione porta all’oralità, la soppressione al masochismo, e la frustrazione alla rigidità. C’è una certa corrispondenza con i tre tipi caratteriali di Abraham, ma Freud si avvicina ancora di più con i tipi che classifica in base alla libido: erotico, narcisista, ossessivo.
Appare poco probabile che un individuo possa crescere nella nostra cultura soggetto a uno solo dei disturbi comuni. In prevalenza gli individui mostrano una combinazione variabile di oralità, masochismo e rigidità..
Laddove il modello di comportamento è caratterizzato da sentimenti di privazione, forte paura di perdere l’oggetto amato, vuoto interiore e disperazione, descriviamo la struttura caratteriale come tipo orale. Questi individui sono dipendenti nei loro rapporti, sono soggetti a profonde fluttuazioni nello stato d’animo, dall’esaltazione alla depressione. Per produrre questa struttura la privazione dev’essere grave, e deve prodursi nei primi sei mesi di vita. Se la privazione è meno grave, o avviene dopo, la struttura dell’Io sarà più forte e sviluppata, ma mostrerà un certo grado di oralità sotto forma di tratti orali.
Attorno ai tre anni l’oscillazione bioenergetica si trova ancora ad entrambe le estremità, bocca e ano. I caratteri che hanno problemi in questo passaggio sono rigidi, sia a livello fisico che emozionale, e i vari tipi caratteriali di questo gruppo sono caratterizzati dall’inflessibilità delle strutture dell’Io. Poiché la rigidità è la caratteristica dominante di questo gruppo, chiamiamo questo gruppo strutturale carattere rigido, che include vari tipi clinici: il maschio fallico-narcisistico, la donna isterica, il carattere coatto, il nevrotico ossessivo, il carattere anale.
Il tipo caratteriale rigido differisce molto dal tipo orale: mentre il carattere orale si ritira dalla realtà in condizioni sfavorevoli, il carattere rigido diventa ancora più teso ma mantiene il contatto. Per questa ragione, la loro funzione lavorativa è generalmente buona ed essi sono meno soggetti alle fluttuazioni di umore. Costituiscono il gruppo che comprende i tipi in precedenza definiti con blocco affettivo, in contrasto con l’impulsività che caratterizza invece il carattere orale. A causa della rigidità, la motilità diminuisce e l’individuo si lamenta della sensazione di una mancanza di vitalità, ma non di vuoti interiore. Naturalmente, il grado di rigidità varia da un individuo a un altro, e nello stesso individuo varia secondo le condizioni.
Fu il riconoscimento di questa rigidità caratteriologica che portò Reich a formulare il concetto di armatura muscolare e a metterla in parallelo con l’atteggiamento psicologico. Ma è solo a questo tipo di struttura che si può applicare il concetto di armatura, perché il carattere orale non ha tale difesa. Gli individui così corazzati provano poca ansietà, perché è precipua funzione economica dell’armatura limitare l’angoscia. Parimenti, anche il loro contatto col mondo esterno è limitato, e in presenza di persone più spontanee, questi individui percepiscono in se stessi mancanza di vita, monotonia, inferiorità, ecc. E’ questa esperienza che li porta alla terapia. Se con la terapia si spezza questa armatura, immediatamente si produce angoscia.
C’è un tipo intermedio di struttura caratteriale che manca di rigidità e tuttavia non presenta le fluttuazioni di umore né il ritiro della realtà che caratterizzano il carattere orale. È il tipo di struttura che noi chiamiamo “masochista”. Tra il primo e il terzo anno di vita sperimenta una madre troppo protettiva, troppo sollecita, troppo attenta. L’amore materno diventa eccesso d’amore. La madre costringe il bambino a mangiare, prova ansietà e interesse per le funzioni viscerali, si preoccupa troppo che il bambino non si faccia male nelle sue attività fisiche. Lo fa in nome dell’amore, ma l’effetto è quello di sopprimere l’io in crescita del bimbo. Il masochismo trova origine nelle esperienze che sommergono l’Io del bambino prima che possa fermamente fissarsi nella genitalità. Non si lamentano né di vuoto interiore né di forti sentimenti di privazione. La privazione di qualsiasi rigidità si manifesta attraverso una tendenza a crollare quando la tensione interna o la pressione esterna aumentano; al maschio può venir meno l’erezione un attimo prima della penetrazione. Bioenergicamente, c’è un fallimento della pulsazione energetica ad ancorarsi sicuramente alla testa e ai genitali. La funzione genitale non è eccessivamente determinata come nel caso del carattere rigido, né condizionante come nel caso del tipo orale: è esitante, come la personalità nel suo complesso. Ci sono aperture e ritiri, sforzi e collassi – come nel corso dell’esistenza rivelano un modello di ripetuti fallimenti.
Di seguito una descrizione dei tipi caratteriali. Il carattere orale (pre-genitale, privazione); il maschio fallico-narcisista e la donna-isterica (gruppo caratteriale rigido, tra orale e anale, frustrazione); il carattere masochista (tipo intermedio tra i primi due, soppressione). Misti: il carattere passivo-femminile, il carattere schizofrenico, il carattere schizoide.
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IL CARATTERE ORALE
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La relazione tra oralità e depressione è stata di frequente osservata e interpretata psicoanaliticamente. Un caso clinico di Lowen era una persona che aveva cambiato molti lavori, che non sentiva la necessità di lavorare, pensava che il mondo gli dovesse una sorta di eredità. Provava un intimo senso di privazione. Gli pareva di non aver ricevuto amore dai genitori. Non faceva sport, leggeva molto, aveva un linguaggio fluente, narcisista. Possedeva sentimenti radicati in profondità di solitudine, delusione, impotenza. Il narcisismo proveniva da un evidente bisogno di attenzione e approvazione. Per un certo periodo era stato un mangiatore ingordo ed era diventato piuttosto grasso. Era sensibile.
Il carattere orale è caratterizzato dal desiderio di parlare e dal piacere di parlare. È un tratto tipico che inevitabilmente si rileva in questo individuo. Ama parlare di sé, generalmente mettendosi in una luce favorevole. Si trova benissimo al centro della scena, e il suo esibizionismo non gli crea nessun disagio. Differisce dall’esibizionismo della donna isterica o del maschio fallico, che ha sempre un significato genitale; nel carattere orale è un mezzo per ottenere attenzione, interesse e amore. Questo bisogno di espressione verbale si accompagna a un alto livello di intelligenza verbale. Le sue capacità intellettuali non si riflettono affatto nelle realizzazioni pratiche, ma nonostante ciò il carattere orale sopravvaluta se stesso. Invero, questo gonfiarsi dell’ “Io” si produce in concomitanza con periodi di benessere e di eccitazione. Nei momenti di depressione e di disperazione a dominare il quadro sono i sentimenti di impotenza e di inadeguatezza.
La tendenza alla depressione non va trascurata. il modello dell’esaltazione e della depressione tende ad essere ciclico, sebbene ciò non sempre sia evidente. A livello più profondo si trova difficoltà nella percezione del desiderio. Il carattere orale ripete: “non so cosa voglio”. Raramente i beni materiali sono importanti. Fui impressionato dalle osservazioni simili di due pazienti che dissero: “Soprattutto, desidero la pace”. Provavano riluttanza ad accettare la realtà e la necessità di lottare nella vita.
Il carattere orale è il tipo che “si avvinghia come l’edera”. Nei casi estremi è il tipo che pare assorbire la forza e l’energia altrui. In tutti i casi l’incapacità a reggersi sulle proprie gambe è veramente la caratteristica di questo tipo di struttura dell’Io. Un’altra caratteristica del carattere orale sono le sensazioni di vuoto interiore, sensazioni presenti in ogni caso autentico, indipendentemente dal comportamento superficiale. Anche se esiste un rapporto amoroso, è spesso presente il senso di solitudine. Nella situazione terapeutica la richiesta di sicurezza e di sostegno non va ignorata o sottovalutata. Una connotazione del carattere orale è l’incapacità di essere aggressivo.
L’invidia si può spiegare con il sentimento di privazione. La dipendenza dagli altri, l’abbarbicarsi agli altri è l’equivalente per l’adulto della suzione e del farsi portare in braccio dal bambino. La debolezza delle braccia e delle gambe ricorda anch’essa una struttura infantile. L’appetito abnorme va interpretato come un tentativo di riempirsi. L’impazienza e l’irrequietezza derivano da un desiderio insoddisfatto. Non sorprende la malizia e l’ostilità che il carattere orale talvolta mostra. Cmq, l’ostilità si esprime a parole e solo di rado con l’azione fisica. L’incapacità di tendersi verso il mondo induce una solitudine terribile; e la delusione è la sorte inevitabile dell’adulto che spera che i suoi desideri siano riconosciuti e appagati senza nessuno sforzo da parte sua. Si comprendono anche i fallimenti che ossessionano questi caratteri nell’adolescenza e nella vita adulta. Per le manifestazioni più importanti di questo disturbo si rende necessaria una certa elaborazione.
La logorrea può rappresentare simbolicamente i movimenti della suzione. Parlando, il carattere orale cerca ammirazione e affetto, “soddisfazioni narcisistiche”. Parlando la bocca può anche esprimere la funzione aggressiva di mordere, che definiamo “sarcasmo mordace”. Tuttavia, il linguaggio del carattere orale è avveduto e razionale, fatta eccezione per l’immagine presuntuosa che offre del proprio Io. Questi individui posseggono inoltre l’intelligenza chiara e semplice del bambino. Possiamo quindi immaginare l’origine di questa presunzione perché questa immagine dell’Io è come l’Io del bambino: prolisso, non cristallizzato e onnipotente. Un vero Io nasce con la consapevolezza del mondo esterno e con l’ancoramento dell’oscillazione energetica longitudinale alla funzione genitale. Il bambino non ha né la capacità né la percezione di dare e di prendere. Mentre l’Io adulto è una funzione della capacità di dare e di prendere, l’Io infantile è correlato alla capacità di prendere e di assorbire.
La bolla deve scoppiare: il mondo adulto non può soddisfare questa esigenza infantile. Presto o tardi il carattere orale incontra un rifiuto, da cui nasce la delusione e quindi la depressione. Durante il periodo di depressione il movimento dell’energia è fortemente ridotto; segue un periodo di recupero al termine del quale riprende la formazione di impulsi.
Un carattere orale si sviluppa quando il desiderio della madre è represso prima che i bisogni orali siano soddisfatti. Ciò crea un conflitto inconscio fra la necessità da una parte e la paura della delusione dall’altra. Successivamente la repressione si fissa per lo strutturarsi di questo conflitto nell’attitudine del corpo. A livello psicologico si può parlare di una paura di riprovare l’agonia della prima sofferenza infantile, dell’ostilità inconscia, del desiderio represso. L’Io ha rinunciato alla richiesta conscia di ulteriori soddisfazioni. Il bambino fa un coraggioso tentativo per funzionare indipendentemente, e in parte ci riesce; ma i bisogni orali insoddisfatti sono ancora attivi a livello inconscio. Essi trovano una seconda opportunità di affermarsi quando, dopo la pubertà, la funzione genitale è definitivamente stabilita. Il problema originale appare ora come un disturbo della genitalità. La delusione a questo livello riattiva il conflitto originale, che gradualmente si estende fino ad abbracciare il complesso delle funzioni dell’individuo.
La repressione del desiderio della madre produce un bambino che è prematuramente indipendente. Come conseguenza, questi bambini tendenzialmente parlano presto e hanno un’intelligenza precoce. Che imparino a camminare presto o con ritardo, non sono mai veramente sicuri sulle loro gambe; il loro senso di equilibrio è scarso, e le madri si lamentano perché cadono spesso e non di rado quando inciampano non fanno nulla per restare in piedi.
I ricordi e i sogni lontani del carattere orale tipicamente mostrano sentimenti di abbandono e di disperazione. L’analogia tra il carattere orale e il frutto immaturo non finisce qui. Nel caso del frutto, più è maturo prima della separazione dall’albero più contiene zucchero naturale ed è dolce. Proprio come il frutto immaturo non riesce a radicarsi bene, così l’organismo immaturo trova grande difficoltà a stabilire le sue radici funzionali nella realtà. La controparte fisica di questo problema è l’inadeguatezza delle gambe e dei piedi.
Spesso, quando sembra che un bambino si sia fissato alla fase orale per un eccesso di indulgenza, un’indagine più approfondita rivela una precedente grave mancanza di sostegno materno. Una montagna di giocattoli e di vestiti, tutta la premurosa attenzione per i suoi bisogni materiali non sostituiranno mai per il bambino la mancanza di contatto fisico e l’affetto di sua madre. Potrà comportarsi come un marmocchio viziato, al quale è concesso tutto ciò che desidera, ma non è felice. Quello che il bambino veramente vuole, il contatto con il corpo materno, gli è negato; essendo stato represso questo desiderio, niente può più renderlo felice.
Si rileverà spesso che l’individuo alto, magro e astenico presenta una struttura caratteriale orale o un fortissimo elemento orale nella sua costituzione. Psicologicamente il carattere orale è “lassù”, cioè sollevato da terra. Il suo modello di comportamento è il contrario di quello che definiamo “coi piedi per terra”.
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IL CARATTERE MASOCHISTA
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Fu in origine studiato come aberrazione del comportamento sessuale. Il masochista soffre probabilmente di angoscia, ma anche il carattere orale può essere molto ansioso; in ciò essi differiscono dai tipi caratteriali passivo-femminile e rigido, a cui il più alto sviluppo dell’Io consente di limitare l’ansietà, salvo che in circostanze eccezionali. Ma l’angoscia del masochista differisce da quella del carattere orale. Il primo prova angoscia sotto la pressione del lavoro e nelle relazioni sociali, l’altro è ansioso prima di affrontare le situazioni. Seppur sottile questa differenze è importante perché è la sensazione di essere continuamente sotto forte pressione che caratterizza l’Io del masochista. L’inerzia del masochista non è l’equivalente della depressione del carattere orale. Un paziente di Reich lo definì pantano, o palude masochista, entrambe espressioni molto adatte.
Problemi igienici: “mia madre mi costringeva con le minacce delle botte a restar seduto sul vaso per un’ora o due, cercando di “fare” qualcosa – ma non ci riuscivo”. Dopo i due anni questo paziente aveva sofferto di stitichezza, e la madre gli inseriva il dito nell’ano per stimolarlo. Oltre alle difficoltà di igiene intima, un altro grande problema era l’alimentazione. La madre lo costringeva a mangiare. L’eccessiva importanza attribuita al cibo e alla defecazione aveva minato la fiducia del bambino nei suoi sentimenti, ma ancora più disastrosa per l’Io del bambino in fase di sviluppo era la pratica materna che consisteva nell’inserirgli un dito nell’ano per provocare un movimento nelle viscere. Si adotta la tattica del nemico al fine di sconfiggerlo. Ad ogni occasione questo paziente batteva la madre al suo stesso gioco; diventava più astuto, più insolente, più carico d’odio e di rancore, ecc.
Reich ha così riassunto i principali tratti del carattere masochista: “soggettivamente, una sensazione cronica di sofferenza, che manifestandosi in modo particolare oggettivamente, si esprime come tendenza a lamentarsi; tendenze croniche all’autolesione e all’autoumiliazione (masochismo morale) e una intensa mania di tormentare gli altri che fa soffrire l’individuo in questione non meno del suo oggetto. È comune a tutti i caratteri masochisti un comportamento maldestro, senza tatto, di tipo particolare, nel modo di presentarsi e di trattare gli altri, che in alcuni casi può arrivare fino alla pseudodemenza.
Il comportamento di un paziente riassumeva le sue prime esperienze igieniche: da una parte la sua funzione, anale o altro, era bloccata da un’intensa ostinazione subconscia che poteva tradursi in un “io non voglio”; dall’altra, le esigenze della vita richiedevano che egli producesse qualcosa, nel lavoro così come analmente. Sfortunatamente lo sforzo aumenta la resistenza, e così questo paziente era intrappolato in un circolo vizioso.
Tutti i caratteri masochisti si sforzano e si spremono, e tutti contraggono l’addome per raggiungere una certa scarica emotiva. È tipico dei pazienti masochisti spremersi il pene durante la masturbazione o al momento dell’eiaculazione. Tradotto su più ampia scala, possiamo dire che il masochista non nega la realtà come lo schizofrenico, né rifiuta quanto la realtà esige come il carattere orale. Accetta la realtà e nello stesso tempo la combatte, ammette la razionalità di quanto essa esige e nello stesso vi oppone resistenza. Vive un conflitto terribile, che nessun altro carattere conosce.
Secondo Reich la mania masochista di tormentare il prossimo, il lamento masochista, la provocazione masochista e la sofferenza masochista si spiegano sulla base del mancato soddisfacimento fantasticato o reale di un desiderio d’amore inesaudibile e quantitativamente sempre più intenso. Questo meccanismo è tipico del carattere masochista, non si manifesta in nessun’altra forma di nevrosi. Ma perché il bisogno di amore è inesaudibile? Il carattere masochista cerca di legare la tensione interiore e l’angoscia incombente ricorrendo a un metodo inadeguato, cioè con l’invocazione dell’amore sotto forma di provocazioni e di ostinazione. Naturalmente il tentativo non può che fallire, e il carattere masochista è prossimo alla consapevolezza di questo inevitabile fallimento, ripetutosi più volte, e addirittura lo riconosce. Si può allora aggiungere che a un certo livello egli vuole che il tentativo fallisca. Si tratta forse di quel bisogno di punizione di cui tanto si è scritto? Esso ha altre due interpretazioni: primo, il fallimento giustifica la sua inadeguatezza, il biasimo può essere riservato sugli altri; secondo, si teme il successo poiché esso porta il masochista alla ribalta e suscita angosce molto forti associate all’esibizionismo.
Piagnucola in cerca di aiuto, ma quando il buon samaritano gli tende una mano, lo tira giù nel rigagnolo affinché si sporchi. Non si tratta di una volontà cosciente: è il risultato inevitabile del modello di comportamento del carattere masochista. Per capire il problema bisogna immaginare il masochista come un individuo profondamente umiliato che si sente inferiore. Il suo comportamento può essere allora interpretato come: “vedi, non sei migliore di me”. La sua storia della sua infanzia non lascia dubbi sulle umiliazioni subite.
Raro è l’ottimismo nel carattere masochista, poiché lo stato masochista si basa su profondi sentimenti di disperazione. Nel caso tipico, il bisogno di soffrire trova espressione nelle fantasie masochiste che accompagnano l’eccitazione sessuale o nel comportamento provocatorio che porta al castigo del masochista o alla sua umiliazione. Nel primo caso la fantasia, ad esempio quella di essere picchiati o legati, è una condizione necessaria alla capacità di raggiungere una scarica nell’atto sessuale. Nel comportamento provocatorio si può ravvisare una funzione simile. L’umiliazione porta alla tristezza la quale schiude a sentimenti più profondi. Dopo una lotta con il partner, il masochista funziona meglio sessualmente.
Studiando la struttura fisica del paziente masochista, restiamo colpiti da diversi tratti. Strutturalmente, tutti tendono ad essere molto robusti, con un forte sviluppo muscolare, e sai il maschio sia la femmina sono forti fisicamente. Non è la forza fisica dell’atleta svelto e agile, ma è piuttosto simile alla forza schiacciante del gorilla. Anche nell’aspetto fisico ricordano il gorilla, poiché la schiena è tendenzialmente arrotondata, il collo corto e tozzo, le braccia e le cosce sono muscolose. Ogni vero carattere masochista mostra la condizione nota come “muscolatura indurita”, che spiega il loro comportamento atassico nel movimento e nell’espressione.
Il carattere masochista non si lamenta di vuoto interiore; si lamenta piuttosto della sensazione di esplodere, di una pressione interna e dell’incapacità di liberare la tensione. Non mostra segni di privazione. Ogni masochista sente che la madre lo ha amato. E’ il modo in cui l’amore è stato espresso a curare il disturbo, non la sua mancanza. L’aggettivo “soffocante” è adatto alla madre del masochista, non alla madre del carattere orale.
L’Io del masochista è schiacciato, quasi fosse serrato in una morsa, e l’immagine è vera quasi alla lettera: all’estremità superiore il sentimento forzato, all’estremità inferiore l’imposizione di una rigida educazione all’igiene personale costituiscono le due pressioni principali. Alla fine si ottiene la sottomissione, e il masochista diventa un bravo ragazzo. Reich dimostra che il masochista non si affanna per essere percosso, ma per il piacere della liberazione sessuale. Il masochista è come il bambino teso, capriccioso, irascibile, la cui stizza per i genitori provoca infine le percosse; dopo di che piange, si calma e si addormenta. Sono i pianti e i singhiozzi, e non le percosse, a scaricare la tensione e a produrre il rilassamento.
Espressioni quali “non voglio” e “ti odio” affiorano facilmente. Tutto è così inquinato dalla sfiducia che il masochista finisce col non credere neppure in se stesso, nelle sue azioni e nei suoi miglioramenti. Le tendenze all’autolesionismo e all’autodenigrazione sono un’altra qualità masochista. Analizzate a livello psicologico, stanno a significare: “Guarda come sono infelice. Perché non mi ami?”
Mancanza di spina dorsale. A livello inconscio il masochista si sente come un verme o un serpente, e la sua tendenza ai contorcimenti la si osserva sia a livello psicologico che bioenergetico. Sempre a livello inconscio, egli sente di appartenere alla terra; gli è difficile mantenere il corpo in stazione eretta, e la tendenza ad abbattersi al suolo è caratteristica. Il masochista teme una forte asserzione e una forte erezione genitale. In termini di portamento, le gravi tensioni muscolari impediscono lo sviluppo della posizione eretta che deriva da un forte impulso energetico. Come conseguenza dei blocchi posti al flusso energetico, esso si muove per tentativi ed è esitante; i movimenti non sono diretti ed espressi con vigore ma selvaggi, sperimentali e indiretti. È per la percezione di questo fenomeno che il paziente si sente un verme, e i sentimenti di autodenigrazione sono espressione di questa percezione.
Se cerchiamo il denominatore comune di quelle prime esperienze che producono il masochismo, lo troviamo nel sentimento di umiliazione. Il masochista è un individuo che da bambino è stato profondamente umiliato. La madre è convinta di agire per il suo bene, e di regola non lo picchia. Piuttosto, ricompensa l’ubbidienza con l’approvazione, e punisce la ribellione con chiara e decisa disapprovazione. Una volta che il bambino si è sottomesso, e si è stabilito il modello, tutte le azioni future dell’individuo saranno orientate nel senso di ottenere l’approvazione altrui. Tutti i masochisti mostrano un bisogno smodato di essere approvati. Fanno di tutto per piacere, nella speranza che l’approvazione porti anche amore. In ciò, naturalmente, restano costantemente delusi. Noi non giudichiamo coloro che amiamo, e non amiamo coloro che dobbiamo giudicare. È umiliante per un organismo sentire che sicurezza e accettazione dipendono dal suo servilismo – perché il masochista a lungo andare diventa servile.
Il masochismo quale lo osserviamo clinicamente nei pazienti adulti si sviluppa solo dopo la pubertà. Il bambino ribelle può mostrare molti tratti masochisti, ma non c’è in lui il sentimento della sofferenza; i sentimenti teneri sono soppressi a favore della sfida e della ribellione. Solo dopo che la pulsione sessuale si afferma fortemente scatta la trappola, poiché il conflitto tra bisogno e rancore, tra conformismo e ribellione, si intensifica a tal punto che nessuna soluzione è possibile.
L’attenzione per i bisogni materiali del bambino e l’indifferenza per i suoi sentimenti di tenerezza o i suoi bisogni spirituali creano un problema masochista. Non sorprende che in seguito il masochista parli di valori spirituali ma agisca a livello materiale: cerca di guadagnarsi amore in cambio di sforzi e fatica, nega l’importanza delle cose materiali eppure la proprietà significa molto per lui, è confuso nei desideri, è imbarazzato nell’esprimere le sue esigenze e dubita di poter ottenere un qualsiasi soddisfacimento.
A causa di queste prime esperienze nel masochista le tensioni si concentrano intorno alle due aperture dell’apparato intestinale. Nella gola c’è un conflitto creato dal timore che il cibo vi sia ficcato a forza e di poterlo vomitare; nell’ano e nel retto c’è la paura di muovere le viscere o che qualcosa vi penetri. Le spalle stanno rinserrate per proteggere la gola; le natiche e le cosce sono tese per proteggere l’ano. Sotto entrambe le tensioni stanno gli impulsi ad evacuare il contenuto dello stomaco e dell’intestino.
Il carattere masochista è una struttura pregenitale. Poiché il masochista cresce in un ambiente ostile all’espressione dei sentimenti teneri, egli non può reagire alla tenerezza degli altri che con la sfiducia. La madre non giocava forse sulla sua compassione e sul suo amore per umiliarlo? I suoi appelli e le sue preghiere non venivano forse regolarmente ignorati?
Data la grave tensione presente a tutti gli sbocchi, il masochista può scaricarsi solo spingendo o spremendo fuori qualcosa. Sia il suo lavoro sia le sue funzioni sessuali sono caratterizzati da queste qualità di reazione; egli s’impegna nel lavoro in modo tale che, mentre può spingere questa funzione a un grado irraggiungibile per il carattere orale, non si tratta di un’attività semplice, rilassante. Egli lavora con l’intestino, ma non con il cuore; di conseguenza di solito spontaneità e creatività mancano nei suoi sforzi. Poiché il masochista si impegna sempre al massimo, è un lavoratore instancabile: ciò è legato al suo forte bisogno di approvazione. A lungo andare questa continua pressione blocca le viscere a un punto tale che il crollo è inevitabile.
Nel masochismo abbiamo a che fare con una personalità le cui qualità caratteristiche sono l’inganno, l’ambivalenza e la manipolazione delle situazioni.
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IL CARATTERE ISTERICO
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Le strutture mancanti dell’Io precedentemente trattate meritano questa definizione perché l’oscillazione pendolare dell’energia che costituisce la base della percezione dell’Io non è pienamente estesa in modo da essere solidamente ancorata al cervello e alla funzione genitale. Possono anche essere considerati tipi impulsivi, in contrapposizione a quei tipi caratteriali che presentano una predominanza del blocco affettivo. Inoltre, poiché la produzione di energia è generalmente in eccesso rispetto alla capacità di scaricarla nel lavoro e nel sesso, entrambi i tipi di struttura caratteriale sono soggetti a frequenti crisi di angoscia. Il carattere isterico invece è contraddistinto da scarsa ansietà, da un blocco affettivo più o meno forte, e da una struttura dell’Io ancorata a una funzione genitale definita.
L’opera di Reich offre la migliore interpretazione nella natura della struttura caratteriale. Sul carattere isterico Reich dice: “la componente più clamorosa del loro comportamento è un atteggiamento sessuale invadente. È accompagnato da un tipo specifico di agilità corporea con una spiccata sfumatura sessuale. Questo spiega il fatto che già da molto tempo si conosceva il rapporto fra isteria della donna e sessualità. La civetteria mascherata o esplicita nel modo di camminare, di guardare e di parlare tradisce soprattutto nelle donne il tipo caratteriale isterico”.
La base di questa struttura caratteriale si determina “per una fissazione nella fase genitale dello sviluppo infantile che viene determinata dal legame incestuoso”. Amore edipico represso.
Una paziente nell’atto sessuale generalmente raggiungeva l’orgasmo. Ciò concorda con l’assenza di ansietà e contrasta con i sentimenti del carattere masochista. Ella non piagnucolava né si lamentava della sua condizione; notava solo di essere spesso troppo stanca dopo una giornata di lavoro.
Un incremento improvviso, acuto della produzione energetica determinato dalla liberazione di un forte affetto represso provoca una grande angoscia. Questa angoscia è legata o convertita in un sintomo somatico, e il conflitto si trasferisce a livello psichico. L’attacco isterico è la controparte psichica del tentativo di reprimere un forte stato di ansietà.
Questa condizione specifica, comunque, può verificarsi solo per questo tipo caratteriale. L’ansietà è un’esperienza comunissima nel masochismo, e produce la provocazione e la scarica, oppure finisce nella stagnazione della palude masochista. Nel carattere orale, all’angoscia viene contrapposto il ritiro. In nessuna di queste strutture la condizione diventa esplosiva. La fluidità dei processi energetici, la mancanza di ancoraggio, l’assenza di rigidità, impediscono a priori una situazione esplosiva. L’attacco isterico è invece un fenomeno esplosivo.
La rigidità del carattere isterico è un processo corporeo totale che circonda l’organismo con una sorta di armatura. In un primo tempo ho affermato che il carattere isterico appartiene alla categoria delle strutture caratteriali di tipo rigido; a questo punto si può dire che è anche il tipo caratterizzato da armatura.
Il concetto di armatura fu introdotto da Reich per descrivere uno stato in cui l’angoscia è “legata” in un meccanismo protettivo con il fine economico specifico di servire da una parte “come protezione contro gli stimoli del mondo esterno, e dall’altra è un mezzo per dominare la libido che prorompe continuamente dall’Es”. Reich dimostrò che l’armatura caratteriale trovava un equivalente somatico nell’armatura muscolare, la quale a livello bioenergetico ha la stessa funzione che l’armatura caratteriale ha a livello psicologico. Mentre usiamo l’espressione “armatura caratteriale” come sinonimo di resistenza caratteriale, non dobbiamo confondere l’armatura con il carattere. Tutti gli individui nevrotici tentano di corazzarsi contro i pericoli e le minacce provenienti dall’interno e dall’esterno. Per la verità, nel migliore dei casi i caratteri orali e masochisti ci riescono solo parzialmente. Entrambi i tipi sono quindi soggetti ad attacchi di angoscia e sviluppano altri meccanismi per far fronte a questa angoscia. Il carattere orale si ritira dalla realtà per rifugiarsi nella fantasia o cadere nella depressione; il masochista si ritira in una solitudine meditabonda. Fondamentalmente, questi sono tipi essenzialmente privi di armatura, e sono di conseguenza molto sensibili all’ambiente circostante. La capacità di crearsi un’armatura l’hanno soltanto le strutture caratteriali fondate su una funzione genitale.
Geneticamente l’armatura si sviluppa con l’immobilizzazione dell’aggressività nel bambino. L’aggressività non è volta all’interno, contro se stessi, come nel masochismo, ma è usata come difesa. Psicologicamente, l’armatura è l’espressione di quell’atteggiamento che consiste nell’irrigidirsi di fronte a un attacco, invece di contrattaccare.
Mentre la perdita di elasticità porta alla fragilità, l’estensione del processo di congelamento in profondità può veramente toccare il nucleo centrale con le sue dita di ghiaccio. Se ne risulta una diminuzione permanente della formazione pulsionale, nell’organismo si è prodotta una vera e propria morte.
L’altro estremo è l’organismo in cui l’armatura è molto superficiale e leggera. Tali individui hanno una salute e una grazia che sono spesso oggetto d’invidia. La rigidità della struttura corporea è ad ogni modo il terreno da cui prorompe l’attacco isterico.
Gli autori psicoanalitici hanno messo in relazione il carattere isterico con il conflitto genitale che nasce dalla situazione edipica irrisolta. Il primo oggetto genitale della bambina è il padre. Da una parte, il desiderio è bloccato da una paura che affonda le sue radici nell’originario rifiuto della sessualità della bambina da parte del padre; dall’altra, la rabbia è inibita dal desiderio represso. Si può semplificare il problema dicendo che il desiderio è bloccato dalla rabbia repressa, così come la rabbia è bloccata dal desiderio represso.
Il desiderio represso impedisce un approccio diretto al maschio. Ovvi gesti sessuali che implicano una certa motilità dei fianchi e l’uso degli occhi, sebbene generalmente inconsci, servono ad attirare il maschio in un’azione sessualmente aggressiva. La struttura caratteriale del maschio medio, come vedremo, si presta a questo ruolo. Si sviluppa allora il tipico modello dell’inseguimento, che generalmente porta alla sottomissione della femmina, la quale inconsciamente la desiderava. Talvolta una manifestazione di resistenza è sopraffatta dalla forza. Non tutti gli inseguimenti si concludono con la resa della donna. Talvolta la donna messa alle corde si rivolta contro il maschio ed esprime la sua collera con la furia di un’arpia.
La sottomissione della donna, ad ogni modo, non è un atto d’amore. Nella misura in cui l’amore entra nel rapporto sessuale, il marchio della nevrosi scompare. Poiché la sottomissione era voluta solo inconsciamente, aveva lo scopo di scaricare la responsabilità dell’atto sessuale sul maschio. Parrebbe un atteggiamento masochista, se non fosse per il fatto che il carattere isterico non è passivo. Sotto l’apparente sottomissione c’è un atteggiamento aggressivo che porta alla scarica sessuale. L’inseguimento del maschio tende a riparare l’offesa narcisistica sofferta per il rifiuto paterno dell’amore sessuale della ragazza. Se il gioco può essere protratto, serve a vendicare l’offesa originaria compiuta dal sesso maschile. E proprio come il maschio nevrotico può considerare la propria azione come una conquista, così il carattere isterico considera il suo comportamento e il relativo risultato nella stessa luce. La sottomissione sessuale ristabilisce il rapporto edipico, ma in modo soddisfacente per la donna. Con la sua aggressività, il maschio mostra il suo interesse e il suo desiderio, col suo inseguimento egli proclama la sua forza e la sua potenza, nell’accettare la sottomissione egli accetta la responsabilità. Abbiamo notato nel caso discusso nel capitolo precedente che la sottomissione sessuale era un mezzo per ottenere la protezione del maschio. La sottomissione sessuale che copre un atteggiamento aggressivo è il marchio che distingue il carattere isterico. Il modello di reazione sembra essere: gioco, resistenza e poi sottomissione.
Il carattere isterico funziona senza sintomi finché si conserva l’equilibrio tra produzione e scarica di energia. Ma se questo equilibrio non si mantiene a un livello prossimo alla piena capacità, la vita è relativamente monotona e insignificante. Più è basso il livello relativo di produzione e di scarica di energia, più l’individuo è vicino alla morte. Quando si arresta la produzione di energia, la formazione degli impulsi cessa e il movimento si ferma definitivamente… Il carattere isterico cerca costantemente di ribaltare l’equilibrio per orientarlo nel senso di una maggiore energia e di sentimenti più profondi. Sono questo desiderio e questo bisogno che lo inducono a flirtare, a cercare l’avventura, a impegnarsi in rapporti extraconiugali.
Non si può trovare un carattere isterico privo di senso di orgoglio, così come in queste strutture caratteriali si osserverà sempre un profondo senso di offesa. La sensazione inconscia di essere stati offesi è così forte che determina il comportamento in termini di atteggiamento inconscio diretto a non patire un’ulteriore offesa.
Il carattere orale, pur avendo patito un’offesa molto più profonda del carattere isterico, manca tuttavia dell’orgoglio di quest’ultimo, e questo per una ragione semplicissima, se si ricorda la definizione del carattere orale quale struttura “povera”. Il bisogno di amore del carattere orale è così grande che i suoi deboli tentativi di difesa crollano rapidamente. Questo è un segno distintivo della struttura caratteriale orale. Il masochista non può essere orgoglioso perché si sente inadeguato. Egli è masochista perché vuole soffrire. La pena che ha patito il carattere orale era una privazione a livello orale, e in un’età in cui qualsiasi difesa era impossibile. Il masochismo si sviluppa da esperienze umilianti che schiacciano l’Io. La sua controparte è il sadismo che, psicologicamente, può essere interpretato come un meccanismo di vendetta. L’ingiuria di cui ha sofferto il carattere isterico è un rifiuto del suo amore a livello genitale. Ciò accade perché questo amore è inizialmente offerto al padre il quale, naturalmente, non è in grado di ricambiarlo. Non si tratta di una singola esperienza, ma del fatto che la bambina si trova serrata tra le forti pulsioni dell’amore sessuale e la paura del rifiuto a causa della situazione edipica.
Crescendo, il bambino affronta il fatto che la realtà della vita sociale è in antagonismo con la sua pulsione sessuale. La bambina reagisce a questa situazione come se la frustrazione della pulsione sessuale derivasse dal padre. A seconda della gravità di questa frustrazione, la bambina reprime la sensazione genitale fino alla pubertà. Tra i casi più gravi di rigidità che ho osservato ci sono ragazze che hanno trascorso la fanciullezza in collegio; la mancanza di privacy che impedisce la continuazione della masturbazione infantile, la forte disciplina basata sulla paura, e la separazione dei sessi creano una situazione estremamente frustrante per la bambina. La frustrazione dell’impulso sessuale della bambina non viene da lei percepita come negazione della genitalità. Poiché questo impulso scorre direttamente dal cuore ai genitali, il rifiuto è sentito come rifiuto d’amore, e spiega il profondo senso d’offesa. Per la verità, questa percezione della bambina è corretta, poiché l’amore che non si manifesta nel contatto fisico non soddisfa i bisogni fondamentali dell’organismo. Qualsiasi contatto fisico con i genitori è sperimentato dalla bambina come un contatto sessuale, e soltanto quando si spezza l’unità del sentimento tenero e della sensazione genitale il rapporto tra genitori e figli perde la sua qualità sessuale.
Ferita nell’espressione del suo amore, la bambina a poco a poco impara a ridurre la sua vulnerabilità attraverso una sorta di “indurimento”, come a dire: “io non credo ai miei sentimenti d’amore per te, quindi non puoi ferirmi col tuo rifiuto”. L’orgoglio è l’atteggiamento che esprime questo sentimento.
Riassunto dei principali tratti della struttura caratteriale isterica. La funzione dell’Io è radicata nella realtà come la funzione sessuale è radicata nella genitalità, ma nella struttura isterica sono entrambe eccessivamente determinate, conservate dall’indurimento della componente motoria aggressiva che viene ad assumere una funzione di difesa. Il carattere isterico ha paura di cedere all’amore, ha paura di qualsiasi cedimento, e questa paura si manifesta nella rigidità delle gambe.
Risulta convalidata l’opinione di Reich che una sessualità soddisfacente è la migliore garanzia per un comportamento sessuale naturalmente morale. Per interpretare la promiscuità, bisogna considerarla una ricerca, attraverso diversi partners, di una condizione perduta, quella in cui l’individuo ha provato il piacere della liberazione sessuale; nel contempo, la promiscuità sessuale è sempre passiva, e rappresenta una sottomissione che trova origine nella paura del maschio.
Nell’analisi dell’individuo non sempre siamo in grado di definire l’armatura semplicemente rigida o flessibile. L’analisi del carattere si basa sulle tendenze predominanti, ma ciò non significa che gli altri tratti vengono trascurati, poiché sono parte di quella costellazione che è il carattere dell’individuo. Dobbiamo considerare la struttura caratteriale isterica una classificazione in cui includiamo le personalità femminili con una struttura rigida dell’Io, con un’armatura flessibile a maglie o con un’armatura rigida a piastra, e che usano l’aggressività come difesa. Il carattere più rigido usa la genitalità per evitare sensazioni sessuali più profonde, mentre il carattere flessibile usa i movimenti sessuali superficiali per diminuire l’eccitazione genitale. In entrambi i casi abbiamo un meccanismo difensivo che limita la sensazione o la carica e la scarica di energia.
Siccome né il carattere orale né quello masochista si sviluppano a livello dell’Io verso la fase genitale, non sono in grado di offrire il loro amore. Per contro, il carattere orale vuole essere amato, il masochista cerca l’approvazione altrui. Naturalmente ogni individuo presenta alcuni tratti orali e alcuni tratti masochisti. Nella misura in cui sono presenti nella struttura, indeboliscono qualunque rigidità che possa svilupparsi in seguito. Nell’analisi del carattere di un paziente questi elementi devono essere definiti nella struttura generale. La presenza di tratti orali e masochisti non produce un tipo di carattere misto. Dobbiamo di nuovo sottolineare che l’analisi del carattere si basa su modelli predominanti di comportamento. Tuttavia non è raro trovare che l’elemento orale o l’elemento masochista sono forti quanto la rigidità.
Passeremo ora allo studio del problema della rigidità caratteriologica nel maschio.
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IL CARATTERE FALLICO-NARCISISTA
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I caratteri orali e masochista sono classificati come tipi pregenitali: il loro contatto con la genitalità è insicuro, il loro atteggiamento verso la realtà è infantile o puerile. Entrambe sono strutture prive di armatura. Dobbiamo dunque raggruppare in un’unica categoria tutte le forme caratteriali basate sulla genitalità, più o meno corazzate e più o meno sicure nel loro rapporto con la realtà. Nella misura in cui la struttura caratteriale è nevrotica, la nevrosi si manifesterà come rigidità a livello psicologico e somatico. Per questa ragione, definiamo rigido questo tipo di struttura caratteriale nevrotica. Abbiamo visto che questa categoria comprende il carattere isterico, cioè la forma che il disturbo assume nella donna. L’equivalente maschile del carattere isterico, cioè la forma che la rigidità prende nel maschio, è detto carattere fallico-narcisista.
Il problema dell’oralità e il problema del masochismo non differiscono nei due sessi, anche perché si tratta di strutture pregenitali. Per contro, il problema genitale è differente per il ragazzo e la ragazza. Mentre il disturbo fondamentale causato dalla rigidità colpisce in modo simile la funzione nei due sessi, il modello manifesto di comportamento sarà diverso a seconda del sesso.
L’arroganza è spesso il marchio di individui con forti tratti coatti; elasticità e agilità possono essere confuse. Reich dice: l’espressione facciale rivela frequentemente durezza e lineamenti prettamente maschili, ma anche spesso, malgrado l’habitus atletico, lineamenti femminili, da fanciulla.
Per quanto riguarda la distinzione tra il carattere coatto, che è essenzialmente un tipo europeo, e il carattere fallico narcisista, mostrerò che è semplicemente una questione di grado.
Caso studio soffre di eiaculazione precoce. Difficile che si sottopongano ad analisi, generalmente hanno successo nella funzione lavorativa, sono abbastanza ben adattati all’ambiente sociale e sessualmente attraenti per il sesso opposto. Uno dei tratti più importanti è il coraggio aggressivo, che spesso porta al successo.
Come reazione dissi semplicemente al paziente: “Non si sforzi. Questa non è una scuola, con demeriti o medaglie per il comportamento o il profitto. Il mio lavoro consiste nel liberare la pressione, non nell’aumentarla. Lei qui è accettato così com’è, e non a condizione che faccia ciò che voglio io”. Rimasi stupito dall’effetto che queste parole rassicuranti ebbero su di lui. Gli occhi gli si riempirono di lacrime e cominciò a piangere sommessamente. Ecco l’espressione spontanea di un sentimento tenero per la quale avevamo lavorato. Fu come un fenomeno di liberazione. Non credo che il paziente avrebbe pianto finché si fosse sentito sotto pressione nella terapia. Ciò deriva dalla natura della struttura rigida. La pressione, la responsabilità e la lotta producono un irrigidimento o un amento della rigidità. Poiché il pianto, che provoca i singhiozzi, è una liberazione convulsiva della tensione, agli organismi rigidi risulta notevolmente difficile abbandonarsi alle lacrime. Ne consegue, come principio generale, che si può produrre il pianto in una struttura rigida solo aumentando la pressione quasi al punto di rottura, per poi ritirarla rapidamente. In queste circostanze il pianto è spesso un’esperienza molto piacevole.
Un paziente voleva piangere, ma il pianto era doloroso. Affiorò il pensiero che tanta era l’infelicità nella sua casa ai tempi della sua fanciullezza che non poteva aggiungere la sua alla sofferenza dei genitori. Anche il significato delle spalle ampie divenne chiaro. Le spalle diritte e squadrate sono un segno di responsabilità prematura. La paura del fallimento è correlata a questo senso di responsabilità. Il paziente stesso era consapevole che il suo desiderio di riuscire aveva come meta finale il soddisfacimento dei desideri dei suoi genitori e, come motivazione più profonda, il desiderio di conquistare l’approvazione e l’amore dei genitori, e specialmente della madre. Ma anche per il padre, esempio tipico preoccupazione per i voti a scuola.
Abraham, per esempio, collega l’ambizione di questi tipi caratteriali all’erotismo uretrale. Anche Fenichel correla l’ambizione all’erotismo uretrale mediante sentimenti di vergogna. “Lo scopo dell’ambizione basata sull’erotismo uretrale sta nel provare che non c’è più bisogno di vergognarsi”. Non possono sussistere dubbi sull’esistenza di una relazione tra l’erotismo uretrale e l’ambizione che caratterizza il carattere fallico. Viene in mente la pratica dei ragazzi che si mettono lungo il marciapiede, a una certa distanza dal muro, per vedere chi riesce a urinare più lontano. La funzione della minzione può assumere una qualità aggressiva, e così avviene nel carattere fallico. Il maschio fallico sente il bisogno di urinare prima e dopo l’atto sessuale. L’erotismo uretrale è così associato con l’eccitazione sessuale.
Il carattere fallico-narcisista agisce come se fosse sessualmente molto potente. Questi individui si vantano delle loro conquiste e della loro potenza, quest’ultima misurata in base al numero di rapporti quotidiani. Per la verità, la capacità orgiastica, cioè la capacità di provare piacere, viene proporzionalmente a diminuire. La ragione della frequenza dell’atto sessuale è infatti il fallimento nel raggiungere il soddisfacimento in un’unica esperienza. Allo stesso modo, l’aggressività del carattere fallico-narcisista è esagerata per compensare una debolezza costituzionale. Se eguagliamo aggressività ed estensione, così possiamo descrivere i tipi caratteriali: il carattere orale ha paura di estendersi; il carattere masochista si estende e poi si ritira; il carattere fallico-narcisista afferra, per paura del fallimento o della perdita.
Ci aspetteremmo che la struttura rigida mostri una maggiore impulsività rispetto ai tipi caratteriali pregenitali, e in un certo senso è così. Nella sua aggressività genitale, il maschio fallico mostra impulsi più forti di qualsiasi altro carattere nevrotico, e lo stesso vale in termini di pulsione verso il successo materiale. Questa aggressività, tuttavia, si ottiene a discapito della flessibilità e della spontaneità.
Il maschio fallico cerca sempre nuove conquiste perché il soddisfacimento sessuale è sempre incompleto, sorge un senso di insoddisfazione con la partner. Nasce la speranza, conscia o inconscia, che una nuova partner possa procurare maggiore piacere.
Siamo ora in grado di descrivere due varietà della struttura caratteriale rigida del maschio. Sono entrambi tipi nevrotici, e per ciò sono più evidenti nelle loro manifestazioni estreme. Una è la struttura corporea piccola, piuttosto stretta, con un’intensa vita emozionale, cioè altamente caricata affettivamente. In questi organismi il rapporto tra libera energia e massa fisica è alto, l’attività genitale è forte. Il paziente descritto prima apparteneva a questa varietà. Per contrasto, c’è un tipo rigido di struttura corporea con una struttura ossea più grande e una muscolatura più pesante. Questi individui hanno le mascelle solide, aggressivamente pronunciate in avanti, le spalle sono ampie, il polso piuttosto sottile, le anche strettamente contratte, struttura corporea che dà l’impressione di forza e durezza. L’Io è altrettanto duro, inflessibile e freddo. Poiché la durezza rappresenta la repressione dell’espressione emozionale, questi individui sono caratterizzati dal blocco affettivo. Si può dire che la vita affettiva è congelata nella struttura. Il primo di questi tipi è tipicamente il fallico-narcisista, il secondo è coatto.
Queste descrizioni ritraggono due tipi estremi di rigidità nel maschio. Uno tende ad essere ossessivo, l’altro coatto; in un caso l’attività genitale è molto forte, nell’altro caso è indebolita da una grave tensione anale. Questo tipo di carattere coatto ha pochi sintomi coatti, perché la coazione domina ogni azione. È un modo di essere, non un sintomo. Tra i casi estremi se ne trovano di quelli che presentano entrambe le tendenze, in conflitto tra loro. Si tratta dei vari caratteri ossessivo-coatti in cui all’ossessione del sesso e della genitalità si contrappongono notevoli tratti coatti.
Il vero carattere coatto presenta sia tendenze passive che tendenze verso un comportamento omosessuale inconscio. Il maschio fallico è più aggressivo ad ha una identificazione più forte con la propria funzione genitale. Poiché entrambi i tipi hanno raggiunto la fase genitale nel loro sviluppo, dobbiamo chiederci quali fattori determinano la differente evoluzione. A mio avviso ciò dipende da quale dei due genitori esercita la maggiore influenza frustrante. Se è il padre, particolarmente minaccioso, il bambino svilupperà un’acuta angoscia di castrazione in cui una forte carica genitale è bloccata dalla paura della punizione. Il desiderio del bambino di sopraffare il padre diventa un altro fattore psicologico nella genesi della sua ambizione. Il maschio fallico si identifica con il padre, che considera suo nemico. Per contro, se la principale frustrazione è determinata dalla madre, la repressione della sessualità che ne deriva è più grave. Il bambino affronta una situazione più minacciosa. L’attività genitale è bloccata dalla paura di perdere l’amore e il sostegno della madre. Poiché queste sono madri che vogliono dominare i loro bambini, si rileva anche, in questi casi, un’interferenza attiva con le funzioni anali. Inoltre il padre tende a sostenere l’atteggiamento materno e a far pesare la sua potenza e la sua autorità per allontanare il bambino dalla sua posizione genitale. In superficie, c’è l’identificazione con l’autorità paterna, ma ciò copre semplicemente una più profonda identificazione con la madre frustrante.
In entrambi i tipi di struttura rigida maschile, la paura inconscia della punizione per l’attività genitale è la chiave della nevrosi. Di fronte a questa paura, il maschio fallico è diffidente, ribelle, aggressivo. L’aggressività, naturalmente, è sovradeterminata, ed ha la funzione di vedere quanto può spingersi prima di provocare una ritorsione. In questo senso l’aggressività ha il significato psicologico di difesa, ed è la controparte dell’aggressività della donna isterica. L’individuo coatto, d’altra parte, sottomette e adatta il suo comportamento alle esigenze dell’autorità. Egli si ritira dall’attività genitale, ma non abbandona la posizione genitale. La sua sottomissione non è mai completa, poiché egli non si è arreso, ma si è solo irrigidito e indurito. Quando l’aggressività irrompe nel carattere anale-coatto, è sadica e diretta contro la donna. Il vero maschio fallico è capace di provare per la donna qualche sentimento tenero.
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IL CARATTERE PASSIVO-FEMMINILE
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I pazienti che presentano questa struttura spesso mostrano tratti sia masochisti sia orali a livelli variabili.
Un paziente non era né un carattere orale né un masochista, vorremmo sapere che cos’era successo alla sua aggressività. Mostrava certi tratti masochisti nel fatto di lamentarsi continuamente della sua stanchezza, nella meningite cerebrospinale di cui aveva sofferto e nella pesantezza del corpo. La sua fissazione sulla funzione anale fu rivelata dal ricordo della madre che gli estraeva i vermi dall’ano. Ma il vero masochista non è mai passivo né effeminato. Il masochista cerca di essere assolutamente aggressivo, sebbene il tentativo si concluda nel collasso e nel fallimento. Quello che Freud chiama masochismo femminile noi possiamo propriamente chiamarlo carattere passivo-femminile.
Il carattere passivo-femminile non crolla, ma non fa neanche forti gesti aggressivi. In questo caso, il collasso si produceva dopo un atto ben determinato di affermazione dell’Io, che durava per qualche tempo. Penso alle sue attività pacifiste, che vanno interpretate come una ribellione contro l’autorità e, in ultima analisi, contro il padre. Il vero masochista non raggiunge mai tale livello di ribellione. Questo paziente aveva abbastanza rigidità per impedire un continuo collasso, ma sfortunatamente ciò immobilizzava tutta la sua aggressività. Poteva solo continuare coraggiosamente il suo cammino.
Non si dovrebbero sottovalutare i sentimenti di disperazione del carattere passivo-femminile che non sfocia nell’omosessualità. Psicologicamente, l’aggressività (movimento in avanti) è bloccata dall’intensa angoscia di castrazione; la regressione è impedita dalla paura altrettanto forte dell’omosessualità. Nel vero omosessuale le dinamiche bioenergetiche sono diverse. La genitalità si è arresa, sebbene si possa postulare che essa non si sia mai stabilita saldamente. La struttura passivo-femminile, distinta dall’omosessuale, è ancorata alla genitalità ma immobilizzata dalla paura. Nel masochismo e nell’oralità, il problema può essere risolto a livello pregenitale. In questa struttura caratteriale la situazione è complicata dal fatto che non è possibile né il movimento in avanti né quello all’indietro. È come se il carattere passivo-femminile raggiungesse la fase genitale dell’organizzazione dell’Io ma si paralizzasse per la paura. Il problema allora è per l’appunto questa paralisi.
In molte occasioni il paziente mi parlò del suo grande interesse per il seno femminile, che lo affascinava tanto da non poterne distogliere lo sguardo. La sua tendenza al voyeurismo si basava su questa attrazione. Voleva vedere le donne nude. L’atto sessuale in sé non lo interessava. Gli piaceva non solo guardare i seni, ma anche accarezzarli.
Il conflitto con il padre autoritario era trasferito sulla sorella e sulle altre figure femminili. La donna divenne la sua rivale e nemica, ed ebbe luogo l’identificazione con lei su questa base. Perché si produsse questo transfert? Possiamo solo dire che il conflitto tra la pulsione genitale e l’angoscia di castrazione che produceva una paralisi totale doveva essere risolto in qualche modo. Avveniva una specie di regressione verso il seno, ma non a livello infantile. Il maschio passivo-femminile non vuole essere un neonato; vuole essere una donna. Nel contempo, il paziente trasferiva sulla donna tutto l’odio che aveva accumulato per la paura del padre. Ma egli non abbandonava la posizione genitale. A livello dell’Io mostrava tendenze femminili, a livello genitale era maschio ma passivo.
Nell’analisi del carattere di questa struttura si è colpiti dal fatto che il paziente parla del padre severo senza alcun risentimento, e mentre può essere espresso l’odio contro la donna, esso non porta da nessuna parte poiché è una formazione di difesa. Il conflitto con il maschio dev’essere risolto prima con l’analisi della situazione transferenziale. Il paziente deve rendersi conto che la sua cortesia, la sua condiscendenza e il suo desiderio di compiacere l’analista coprono un profondo odio per il maschio superiore. Ma il problema è complicato dal fatto che questi pazienti concordano con l’analista, e tuttavia non cambia. Sono così ansiosi di accontentarlo, che l’analista può indurli a convenire con lui a livello intellettivo, ma senza coinvolgerli affettivamente. Per ottenere una reazione affettiva, la pressione sul paziente dovrà essere intensa quanto l’originaria pressione esercitata dal padre. Ciò può essere fatto con l’analisi del carattere oppure bioenergeticamente, ma sarà comunque un processo doloroso, sia in un modo sia nell’altro.
Nel tipo caratteriale passivo-femminile il forte elemento orale indebolisce molto la pulsione genitale. Questo tipo caratteriale differisce dal carattere orale per un migliore contatto con la realtà, una minore tendenza a periodi di depressione ed esaltazione, e una notevole diminuzione della verbosità tipica. L’oscillazione energetica è ancorata alla funzione genitale, sebbene la carica sia debole. Molti individui con questo tipo di struttura soffrono di eiaculatio praecox. Sotto il problema psicologico c’è una grave angoscia di castrazione.
Lo sviluppo di una struttura di questo genere è determinato dalla privazione orale in tenera età e dalla successiva frustrazione genitale che paralizza l’aggressività. Questi individui da bambini raggiungono la fase genitale dell’organizzazione dell’Io, ma con una intrinseca debolezza dovuta al forte elemento orale. Se, in quel periodo, si incoraggiano la genitalità e l’aggressività del bambino, il disturbo orale tende a diminuire gradatamente. In questi casi bisogna pensare in termini quantitativi. La frustrazione che potrebbe bloccare l’aggressività del bambino sarebbe abbastanza grave da produrre lo stesso effetto in un organismo più sano. L’organismo più debole non abbandona la sua genitalità, in questo senso non si produce una regressione; abbandona invece la sua aggressività per assumere un atteggiamento passivo. Come gli autori analitici hanno rilevato, c’è uno spostamento dal pene al petto, che diventa il surrogato del membro maschile. Si evita così l’angoscia di castrazione. Il meccanismo è identico a quello del caso citato precedentemente. I tratti femminili sono dovuti all’inibizione della naturale aggressività maschile, e solo secondariamente alla successiva identificazione con la donna.
L’individuo passivo-femminile è caratterizzato dalla povertà di espressione emozionale e della relativa immobilità fisica. Da una parte manca l’impulsività dei caratteri pregenitali, dall’altra manca anche l’aggressività che caratterizza il maschio fallico. La rigidità che garantisce la funzione genitale immobilizza l’aggressività. In superficie il conflitto psicologico si accentra attorno all’atteggiamento verso la donna. Dal disturbo orale deriva un profondo bisogno di contatto, e questo si pone in conflitto a livello genitale col desiderio di scarica e di soddisfacimento. È difficile, se non impossibile, svolgere contemporaneamente un duplice ruolo. Il carattere passivo femminile può funzionare sia come bambino in una relazione sessuale con una donna più anziana, sia come figura paterna verso una donna più giovane e più dipendente. Non può essere l’ “uomo” di una donna.
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IL CARATTERE SCHIZOFRENICO
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Nei precedenti capitoli abbiamo studiato i disturbi dello sviluppo dell’Io classificati come nevrosi. La ‘nevrosi’ può essere definita una distorsione o un difetto nel rapporto di un individuo con la realtà. Il nevrotico ha un contatto con la realtà, sebbene con il suo atteggiamento praticamente ne rifiuti le istanze, come nel caso del carattere orale, o dimostri sfiducia e sospetto oppure un’aggressività sovradeterminata. Il suo contatto non è mai immediato o diretto, altrimenti non sarebbe giustificato definirlo nevrotico, ma non è mai immediato o diretto, altrimenti non sarebbe giustificato definirlo nevrotico, ma non è neanche mai completamente rotto o perduto. La nevrosi può essere paragonata a un difetto della vista, come la miopia o l’astigmatismo, o a un restringimento del campo visivo. La psicosi, per contro, è una forma di cecità; l’individuo schizofrenico ha perso il contatto con la realtà.
Il termine “schizofrenico” fu introdotto da Bleuler per descrivere una sindrome in precedenza definita demenza precoce. La parola “schizofrenia”, che significa scissione della mente e, per estensione, scissione della personalità, è così pertinente che si è andata identificando con la natura stessa del disordine. In contrasto con questo concetto basilare, l’attuale orientamento, ampiamente influenzato dal pensiero psicoanalitico, considera la schizofrenia come un fenomeno regressivo in cui si porta alle conseguenze estreme il ritiro dalla realtà. Abbiamo dunque due punti di vista a partire dai quali studiare il processo schizofrenico: in uno la scissione si produce all’interno della personalità, per cui l’unità di questi elementi è distrutta; nell’altro lo scisma importante è tra personalità e realtà. Il nostro scopo è di dimostrare che entrambi i punti di vista sono validi e rappresentano due aspetti dello stesso fenomeno.
Non descrive perché ce n’è evidentemente in giro. È ormai noto che lo schizofrenico proviene da un ambiente familiare travagliato e disturbato. Esamineremo i fattori eziologici responsabili di questa condizione in un secondo tempo.
Uno dei sintomi più impressionanti che l’individuo schizofrenico presenta è il fenomeno della spersonalizzazione. In questa perdita di contatto con tutto il corpo e con una parte di esso, c’è una perdita di contatto con la realtà. Naturalmente un importante aspetto della realtà per l’individuo è la sensazione completa del proprio corpo; l’altro aspetto è la sensazione degli oggetti materiali e dei processi che si svolgono nel mondo esterno. Poiché questi sono effettivamente i due aspetti della funzione percettiva, se riusciamo a spiegare il primo saremo anche in grado di comprendere l’altro e di approfondire la nostra conoscenza dell’Io e dei suoi disturbi.
Tutti gli scrittori convengono che nella spersonalizzazione l’individuo riporta una perdita di contatto col corpo o con parti significative di esso, accompagnata da sensazioni di estraniamento e di irrealtà. Talvolta l’individuo ha l’impressione di guardare se stesso dall’esterno del proprio corpo o di una certa distanza; più spesso la spersonalizzazione è limitata ad una parte del corpo che è percepita come una struttura esterna (e non parte di se stessi), e perfino come se fosse sotto il controllo di un’altra volontà. Nella spersonalizzazione si produce una scissione; il corpo materiale o una parte di esso non appartiene più all’individuo, non è il suo corpo quale solitamente lo percepisce. Ovviamente, dev’essere accaduto qualcosa che ha rotto l’unità della percezione globale dell’organismo. Cosa succede? Come possiamo spiegare questo fenomeno?
L’adulto medio è legato alla realtà esterna dal bisogno di beni materiali. I bisogni materiali – cibo, indumenti, un tetto, mezzi di trasporto, ecc – esercitano una forza tremenda nel tenere l’individuo in contatto con la realtà quotidiana. Ciò non è nevrotico, a meno che non assuma dimensioni eccessive, come tendenzialmente succede nella nostra civiltà. Oggi non abbiamo più il tempo di sognare. Il regno dell’esotico, dello spirituale, dell’involontario, disturba la routine stabilita e minaccia la nostra sicurezza. Fortunatamente si trovano degli sbocchi all’espressione e al soddisfacimento dei nostri bisogni spirituali nell’amore e nel sesso, nella religione e nell’arte. Ma perfino in queste attività l’uomo civilizzato è legato da una consapevolezza troppo forte della realtà che gli impedisce la fuga e la liberazione del grande ignoto, il mondo dello spirito.
Analizzando ulteriormente la situazione, vediamo che è la pulsione aggressiva, che funziona fondamentalmente per soddisfare i bisogni materiali, che limita l’espressione spirituale. Negli stati di intensa eccitazione la carica è così grande che la componente aggressiva è impotente a frenare il sentimento, il quale sommerge il sistema muscolare e l’epidermide, e si estrinseca. Gli sbocchi sono insufficienti per scaricare il flusso che straripa oltre gli argini.
La pulsione aggressiva dev’essere fortemente ridotta, ed è quanto troviamo nella personalità schizofrenica. Il soggetto schizofrenico è contro la personalità schizofrenica. Il soggetto schizofrenico è contro la realtà materiale, contro la solita realtà quotidiana. Possiamo descrivere il fenomeno come un ritiro, ma equivale alla morte materiale. Potrei perciò concordare con un’altra paziente schizofrenica, la quale mi disse che il suo corpo stava morendo. Quando ciò accade, lo spirito, o l’energia libera, tende ad abbandonare il corpo, e il fatto viene sperimentato come “agonia”. La paura è sufficiente a risvegliare le tendenze aggressive e di auto-conservazione, e si produce un’integrazione. Probabilmente una quantità sufficiente di energia abbandona il corpo per creare un centro di autopercezione al di fuori di esso. (???)
Ho definito schizoide una struttura caratteriale che presenta tendenze schizofreniche, ma in cui non si è prodotta uan grave rottura con la realtà. Il problema del carattere schizoide e della schizofrenia sta nella mancanza di identificaizone con l’Io e nella debolezza del sistema muscolare.
Se la premessa è corretta, dobbiamo apportare un’importante modifica alle formulazioni freudiane. Non è l’Eros, portatore della vita, l’agente unificatore o l’elemento negante dell’organismo, ma è piuttosto il tanto bistrattato istinto aggressivo che riunisce anima e corpo. Questo è il principio del Nirvana, ed è anche la meta delle grandi religioni mistiche dell’Oriente. E il ritorno avviene, alla fine. Ma durante la vita dell’organismo questa pulsione all’unione con l’universale è incanalata nella funzione sessuale dagli istinti aggressivi di autoconservazione.
Il sistema muscolare può anche essere molto sviluppato, ma appare slegato, poco armonioso. Il flusso energetico nel sistema muscolare del carattere schizoide è interrotto, ovvero rotto. Mancano il coordinamento e la grazia del coordinamento. Molti caratteri schizoidi si dedicano alla danza o all’atletica. La mancanza di coordinamento e di grazie è particolarmente evidente nei movimenti aggressivi naturali – nella collera e nella sessualità.
Sintomo schizofrenico comune: allucinazione e proiezione.
La proiezione può prodursi senza allucinazione. Compare talvolta nella nevrosi. Un paziente si lamentava di non aver alcun contatto con la moglie, e me la descrisse come un tipo ritroso, freddo, simile a un demone. Vidi la moglie l’ora dopo. Era calda, vivace, e sempre in contatto con me. In realtà, ritroso e demoniaco era il mio paziente, che aveva proiettato sulla moglie la percezione di se stesso. Ma non era uno psicotico. I rapporti interpersonali di questo paziente erano disturbati. Percepiva correttamente la qualità del disturbo, ma poiché non riusciva ad accettare il fatto che fosse dovuto alla sua nevrosi, l’unica sua alternativa era di credere che ne fosse responsabile la moglie. È come guardare il mondo attraverso degli occhiali scuri. Questo paziente vedeva la moglie attraverso un manto funebre gettato dalla propria depressione interiore. Ma anche questo tipo comune di proiezione ha una somiglianza qualitativa col processo schizofrenico.
L’allucinazione schizofrenica è basata su una proiezione. Questa proiezione determina la forma e il contenuto dell’allucinazione. La voce che lo schizofrenico sente è la sua voce e, naturalmente, le parole che esprimono i suoi pensieri.
Lo schizofrenico vi dirà che talvolta ‘vede’ forme e figure che nessun altro scorge. La forma può essere più o meno distinta, come quella di un angelo o di un diavolo, oppure vaga. Inoltre lo schizofrenico “vede” altri fenomeni.
Molte persone soffrono della paura che qualcuno li attacchi alle spalle. Si siedono nell’ultima fila del teatro o della sala di lettura, si guardano spesso introno per rassicurarsi.
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IL CARATTERE SCHIZOIDE
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La salute emozionale può essere definita in termini di capacità dell’individuo di coinvolgere tutto se stesso nelle sue azioni e nel suo comportamento. Non dovrebbe sorprendere che questo fatto implichi altrettanta capacità, in determinate situazioni, di trattenere le azioni. A livello psicologico si può interpretare come un’affermazione dell’integrità dell’Io, di un Io non scisso in un Io conscio e in un Super-Io inconscio, un Io non diviso dalla scissione, parziale o completa, dagli istinti che lo compongono. A livello fisico implica l’assenza di spasticità e di tensioni croniche negli elementi muscolari del corpo. Una maggiore motilità offre una maggiore possibilità di azione e consente una più alta flessibilità in rapporto alle situazioni.
Ma ora conosciamo l’importanza dell’espressione del corpo quale riflesso delle sue qualità interiori. Usiamo un termine fisico per designare questa virtù innata – la grazia, e lo usiamo in senso estensivo. È difficile applicare questo termine, tuttavia possiamo considerare con questo il nostro ideale di armonia fisica nel movimento, proprio come la bellezza esprime quell’ideale nella forma.
Essere liberi dagli impedimenti fisici imposti dalle spasticità croniche, liberarsi dalle catene delle paure inconsce: questo, e questo soltanto, renderà l’uomo capace di quell’amore in cui i suoi più profondi sentimenti si esprimono con la massima aggressività.