Ayn Rand, La fonte meravigliosa, 2022 (ed orig. 1943)

Ayn Rand, La fonte meravigliosa

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O di come il sistema ami livellare. 

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Ayn Rand O’Connor, nata Alisa Zinov’evna Rozenbaum (San Pietroburgo, 2 febbraio 1905 – New York, 6 marzo 1982), di cui non avevo mai sentito parlare, è una persona con cui mi sarebbe piaciuto fare quattro chiacchiere.

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Nata in Russia, riuscì a stabilirsi negli USA. I suoi libri, nonostante le difficoltà iniziali, ebbero enorme successo. Viene in parte ricordata anche come filosofa, ma non approfondirò questo aspetto. 

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Ayn Rand ci ha messo 7 anni per scrivere “La fonte meravigliosa” ed il romanzo è stato inizialmente rifiutato da molte case editrici. Quando poi è stato pubblicato, nel 1943, è divenuto un successo mondiale, vendendo 6 milioni di copie. La lettura è molto piacevole, non mancano storie d’amore e un pizzico di sesso. 

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Sebbene abbia filoni narrativi secondari, riassumo rozzamente dicendo che racconta la storia di due architetti, Roark e Keating. Keating, fin dai tempi della scuola, è il classico bravo ragazzo che fa tutto bene, studia, si applica, è tra i migliori, viene subito assunto da uno studio importante, è un gran lavoratore di squadra, ha un enorme successo, fa esattamente quello che gli viene richiesto, vale a dire lo stile neoclassico. Roark invece è il tipico ragazzo problematico, sebbene sembri avere molto talento è un po’ solitario e in contrasto con tutto e tutti, non finisce nemmeno la scuola. Va poi a lavorare con un architetto geniale ma altrettanto problematico, che ha portato avanti lo stile modernista ma è stato tagliato fuori dai giri che contano ed è finito in miseria. Anche Roark porta avanti un suo stile personale, modernista e, tra vicende rocambolesche, riesce a costruire diversi importanti edifici.

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Personalmente l’ho trovato notevole per due motivi. Il primo è l’ambientazione. Un milieu newyorkese intellettualoide, quello degli architetti, molto upper class. I personaggi sono persone di successo, i dialoghi e le riflessioni sono intelligenti.

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Il secondo, ed è quello che mi ha veramente colpito, è il tema. Roark viene contrastato in ogni modo. Il suo essere un uomo di talento fuori dagli schemi, si direbbe, non viene accettato dalla società. Finisce per un periodo a fare il minatore, ma la sua forza di volontà, titanica, si direbbe, è più forte dell’ambiente in cui vive. Qui la congiura è evidente e viene raccontata nei dettagli. 

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Un “intellettuale” teorizza e spiega molto chiaramente quello che stanno facendo:

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“Bisogna stabilire dei tipi di successo accessibili a tutti, ai più insignificanti, ai più inetti e ostacolare l’impeto verso il miglioramento, la perfezione, il sublime. Bisogna ridere di Roark e tenere Peter Keating in conto di un grande architetto, e si distruggerà il concetto artistico dell’architettura. Bisogna portare alle stelle Lois Cook, per infliggere un colpo alla letteratura; applaudire Ike, per sfottere il teatro; glorificare Lancelot Cokley per prendere a calci la stampa”.

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Individua anche dei metodi: “Vuole un altro metodo? Uccidere con il riso. Il riso è una manifestazione della gioia umana, ma bisogna imparare a usarlo come un acido che corrode. È semplice: basta trasformarlo in un sogghigno. Inviti gli uomini a ridere di tutto, dica agli uomini che il senso dell’umorismo è una virtù (…) Uccida il rispetto, e avrà ucciso l’eroe. Non si rispetta sogghignando. Un altro metodo ancora? Non permettere all’individuo di essere felice. La felicità è un buon latte per nutrire le anime, perché gli uomini felici sono uomini liberi. La loro gioia va strozzata in culla perché non metta radici. Sottragga loro quanto hanno di caro, di prezioso, faccia loro credere che il desiderio è una radice velenosa; li convinca che dire ‘io voglio’ non è un diritto naturale, ma una prepotenza biasimevole”. 

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Ed ecco invece cosa ne pensa il contro-eroe Roark: “Ogni nuova grande invenzione venne combattuta. Si rise del primo motore. Si disse che l’aeroplano era il sogno di un pazzo. L’anestesia venne giudicata peccaminosa. Ma gli uomini di coraggio e di fede non si lasciarono sgomentare. Lottarono, soffrirono e pagarono. Ma finirono per trionfare. Nessun inventore venne spinto a lottare in vista del proprio personale interesse. Talvolta neppure combatté per servire i suoi fratelli, perché i fratelli respingevano il dono che egli offriva. La verità, le scienze, il miglioramento, il progresso erano il suo scopo; ed egli intendeva conseguire quello scopo a modo suo. Una sinfonia, un libro, un motore, un sistema filosofico, un aeroplano, un edificio: quelli erano la sua meta e la sua vita, non gli esseri che leggevano, suonavano, volavano, credevano, e abitavano la casa che egli aveva costruito. La creazione, non chi se ne doveva servire. La creazione, non i benefici che ne sarebbero derivati per gli altri. La creazione che dava forma alla sua verità. Questa andava mantenuta al di sopra di tutto. La sua fede, la sua energia, il suo coraggio venivano dal suo spirito. E lo spirito di un uomo è la sua forza vitale, la sua fonte meravigliosa di vita, la sua personalità, il suo egoismo. Quell’entità spirituale che gli dà la certezza, la consapevolezza di esistere. Una prima causa, una fonte di energia, il motore dell’anima. Il creatore vive per se stesso. E solo vivendo così egli riesce a raggiungere quelle conquiste che sono la gloria dell’umanità”. 

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E, per finire, sentiamo anche cosa ne pensa Roark di in certo “altruismo” : “il  bisogno fondamentale del parassita è quello di assicurarsi i legami con gli uomini per venir nutrito. In primo luogo egli considera le relazioni. Dichiara che l’uomo esiste per servire gli altri. Predica l’altruismo. L’altruismo è la dottrina che chiede che l’uomo viva per gli altri e pone gli altri al di sopra di se stessi. Nessun uomo può vivere per un altro. Non può condividere il suo spirito come non può condividere il suo corpo. Ma il parassita si è servito dell’altruismo come di un’arma di sfruttamento e ha rovesciato la base dei principi morali dell’umanità. Agli uomini è stato insegnato ogni precetto che distrugge il creatore, è stata insegnata la dipendenza come una virtù”. 

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I temi certo possono trovarci d’accordo o meno, così come le idee politiche e/o sociali di Alisa, ma il romanzo è bello, solido e rigoroso, capace perfino di creare un po’ di ansia nel lettore contemporaneo. 

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Buone letture (e buon ascolto). 

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