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Beh, sono felice di aver incontrato questo romanzo, personalmente non mi capita spesso di leggere un contemporaneo e considerarlo di levatura letteraria. Tra l’altro l’autore, un senegalese trentenne che vive in Francia, ha l’abilità di scrivere e narrare con la scorrevolezza e la piacevolezza che di solito si trovano nei best seller.
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Mi ha affascinato il centro magnetico, direbbe forse Baricco, della vicenda narrativa, un romanzo talmente bello ed assoluto da folgorare chiunque lo legga, un romanzo che sembra comprendere tutto ciò un cercatore di verità desidererebbe trovare in un Libro del genere: tutte le risposte alle sue domande, forse. Oppure il riflesso di tutte le sue inquietudini.
Inizia così, con uno degli incipit più belli che mi sia capitato di leggere: “Di uno scrittore e della sua opera possiamo almeno sapere una cosa: l’uno e l’altro camminano insieme nel labirinto più perfetto che si possa immaginare, una lunga strada circolare in cui la destinazione si confonde con l’origine: la solitudine”.
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Questo Romanzo assoluto sarebbe stato scritto da un misterioso senegalese trasferitosi in Francia. Il protagonista, a sua volta uno scrittore senegalese trasferitosi in Francia, racconta la sue ricerche attorno a questo Romanzo e al suo Autore.
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I temi che s’intrecciano sono molti. Il rapporto con altri scrittori e creativi che hanno lasciato l’Africa, il continuo pensiero alla terra d’origine, un senso di colpa che ha a che fare con il tradimento della patria e della famiglia, i rapporti intergenerazionali, il sesso, l’Africa, i militari, le violenze, la tradizione orale, lo sciamanesimo e la magia. Tutto questo tra mail, Facebook, Whatsup e un tango di Gardel in Argentina.
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Ecco parte di una mail che lo scrittore protagonista riceve da un altro scrittore africano: “Voglio la verità della lunga caduta, la verità della caduta infinita. Non riparo. Niente di ciò che è stato davvero distrutto mi sembra riparabile. Non consolo né mi consolo. Appeso alla cintura ho il più efficace filatterio contro il Male: il desiderio di verità, anche quando la verità è la morte. Cerco le rovine di antiche vie sepolte, le cui tracce indicano ancora un cammino che non figura su nessuna mappa, ma è l’unico che valga la pena percorrere.
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So che conosci la frase conclusiva del Tractatus di Wittgenstein, ‘Su ciò di cui non si può parlare si deve tacere’, ma mantenere il silenzio non significa rinunciare a mostrare. Questo dobbiamo fare: non guarire noi stessi, non curare, consolare, tranquillizzare, o educare gli altri, ma tenerci eretti nella ferita sacra, vederla e mostrarla in silenzio. Secondo me è questo il significato del Labirinto del disumano. Tutto il resto si è rivelato uno scacco”.
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Sul piano letterario, oltre ad una prosa che ho trovato davvero gradevole, la tecnica più interessante mi pare essere quella del cambio di voce narrante, i personaggi a volte si appropriano della narrazione e la svolgono dal proprio punto di vista, creando racconti dentro racconti che riportano ad una dimensione di oralità che personalmente mi ha dato un ulteriore senso di africanità e ha fatto riecheggiare in me altri scritti africani.
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Non urlo al capolavoro, anche se per poco, perché manca qualcosa. Ho pensato a cosa potesse essere, e la mia risposta è questa. Manca la perfetta cristallizzazione impenetrabile alla critica. Manca la compattezza perfetta, la coerenza interna, l’assoluta certezza in ciò che viene raccontato che rende l’opera non solo inattaccabile, ma anche inquestionabile da ogni punto di vista. Ho percepito dei passi, delle scelte, in cui si sente l’insicurezza di chi scrive. Ma è solo una mia opinione, e del resto non saprei specificarla meglio.
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Mi sarebbe piaciuto un finale diverso, avrei mantenuto l’entità capace di scrivere il Romanzo Assoluto lontana e misteriosa, l’avrei lasciata nel mito. Avrei lasciato che il centro magnetico rimanesse più indefinito. Ma anche questa è solo la mia opinione, nulla toglie al valore di questo romanzo vincitore del premio Goncourt 2021. E poi esistono anche scelte più difficili: “L’alternativa di fronte alla quale esita il cuore di ogni persona ossessionata dalla letteratura: scrivere o non scrivere”.